lunedì, ottobre 31, 2005
Ora solare
Ero già nel letto, a luce spenta, appena rimboccato il piumone, tutta avvolta nell'azzurro della notte, e quasi quasi già sognavo.
Salto creativo fuori dal letto: m'è venuta un'idea. Un'altra?!? Un'altra.
Ho finalmente scritto i ringraziamenti del disco, che non riuscivo a sputare fuori dalla penna, anzi dalla tastiera del mio Mac. Ho impaginato i testi, dato una forma alla copertina in sei pagine e disco inserito all'interno su supporto trasparente che abbiamo scelto col grafico. Domattina rileggo, e mando il tutto via e-mail a Bob.
Odio quelle copertine che ci trovi dentro il libretto, e ti si rovina subito, o lo perdi, o non lo leggi mai, soprattutto le pagine interne, irraggiungibili.
Odio quelle copertine con l'astuccio in plastica che si rompe subito appena cade la prima volta (oh, no, il mio disco nuovo!!!!), o si spacca perché hai portato il cd in borsa contro le chiavi di casa, o insomma acc porc mis malediz (damn fuckin' shit, per gli anglofili) non riesci né a tirare fuori né a tirare dentro la maledetta copertina di carta leggera, che in due volte è già da buttare.
Così ho scelto la confezione che io amo di più: una cosa intera che si apre tutta in tre parti (totale appunto 6 facciate), così non hai scuse tu acquirente, non mi dire che non hai letto i ringraziamenti, o la presentazione, o gli autori, o l'organico del gruppo, o a chi voglio bene.
E poi, trovo che questo tipo di confezione mi somigli: caro acquirente mi leggi subito, se ti piaccio va bene, altrimenti cazzi tuoi. Se vuoi rileggermi, fai tu. Di sicuro è difficile che io cambi forma, e contenuto. Tutt'al più sei tu che sei un pò di coccio e la prima volta hai dato una guardata superficiale. Se provi a rileggere per bene e con calma, ci trovi tutto. E poi non dire che non te l'ho detto.
Spingi il cd al centro e pop salta fuori dalla pagina centrale. E sotto, come nel fondo della mia tazza della colazione di quand'ero bambina e finivo di bere il latte la mattina, ti aspetti sempre che ci sia un'immagine, la tua faccia, una sorpresa.
Salto creativo fuori dal letto: m'è venuta un'idea. Un'altra?!? Un'altra.
Ho finalmente scritto i ringraziamenti del disco, che non riuscivo a sputare fuori dalla penna, anzi dalla tastiera del mio Mac. Ho impaginato i testi, dato una forma alla copertina in sei pagine e disco inserito all'interno su supporto trasparente che abbiamo scelto col grafico. Domattina rileggo, e mando il tutto via e-mail a Bob.
Odio quelle copertine che ci trovi dentro il libretto, e ti si rovina subito, o lo perdi, o non lo leggi mai, soprattutto le pagine interne, irraggiungibili.
Odio quelle copertine con l'astuccio in plastica che si rompe subito appena cade la prima volta (oh, no, il mio disco nuovo!!!!), o si spacca perché hai portato il cd in borsa contro le chiavi di casa, o insomma acc porc mis malediz (damn fuckin' shit, per gli anglofili) non riesci né a tirare fuori né a tirare dentro la maledetta copertina di carta leggera, che in due volte è già da buttare.
Così ho scelto la confezione che io amo di più: una cosa intera che si apre tutta in tre parti (totale appunto 6 facciate), così non hai scuse tu acquirente, non mi dire che non hai letto i ringraziamenti, o la presentazione, o gli autori, o l'organico del gruppo, o a chi voglio bene.
E poi, trovo che questo tipo di confezione mi somigli: caro acquirente mi leggi subito, se ti piaccio va bene, altrimenti cazzi tuoi. Se vuoi rileggermi, fai tu. Di sicuro è difficile che io cambi forma, e contenuto. Tutt'al più sei tu che sei un pò di coccio e la prima volta hai dato una guardata superficiale. Se provi a rileggere per bene e con calma, ci trovi tutto. E poi non dire che non te l'ho detto.
Spingi il cd al centro e pop salta fuori dalla pagina centrale. E sotto, come nel fondo della mia tazza della colazione di quand'ero bambina e finivo di bere il latte la mattina, ti aspetti sempre che ci sia un'immagine, la tua faccia, una sorpresa.
sabato, ottobre 29, 2005
Changes
In inglese e nel linguaggio del jazz chiamiamo gli accordi musicali "changes".
Io ogni volta che faccio un cambiamento, mi viene naturale creare nuovi accordi fuori e dentro di me.
Così ecco che nel mio mondo esteriore ed interiore ho diminuito il bianco: incomincia a fare freddo nel mio appartamento dagli spessi muri, bisognerebbe accendere il camino e io il camino non ce l'ho.
Ho cambiato le fodere alle poltrone, scaldando di Fuoco e Terra il salone; ho rimesso i tappeti dopo anni che li tenevo avvolti sotto il letto, e messo un nuovo copripiumone nella mia camera, con i colori dell'Acqua e del Legno.
Quale accordo è cambiato dentro di me? Quale musica si sta facendo strada nelle mie vene e nei miei pensieri? Beh a voi l'acuta contemplazione dei luoghi, delle forme e dei colori: il Feng Shui è di nuovo in movimento! E io sono felice di scoprire il calore interiore, e la calma esteriore, finalmente non più in opposizione. E' così che mi preparo all'inverno, sotto gli insegnamenti dell'I King: aspettando tranquilla, sicura e fedele a me stessa che il mio tempo di primavera verrà.
Io ogni volta che faccio un cambiamento, mi viene naturale creare nuovi accordi fuori e dentro di me.
Così ecco che nel mio mondo esteriore ed interiore ho diminuito il bianco: incomincia a fare freddo nel mio appartamento dagli spessi muri, bisognerebbe accendere il camino e io il camino non ce l'ho.
Ho cambiato le fodere alle poltrone, scaldando di Fuoco e Terra il salone; ho rimesso i tappeti dopo anni che li tenevo avvolti sotto il letto, e messo un nuovo copripiumone nella mia camera, con i colori dell'Acqua e del Legno.
Quale accordo è cambiato dentro di me? Quale musica si sta facendo strada nelle mie vene e nei miei pensieri? Beh a voi l'acuta contemplazione dei luoghi, delle forme e dei colori: il Feng Shui è di nuovo in movimento! E io sono felice di scoprire il calore interiore, e la calma esteriore, finalmente non più in opposizione. E' così che mi preparo all'inverno, sotto gli insegnamenti dell'I King: aspettando tranquilla, sicura e fedele a me stessa che il mio tempo di primavera verrà.
Tre settimane...
Sono quasi passate tre settimane da quando ho lasciato gli States... Sempre che io li abbia lasciati.
Parlo una strana lingua mista, un italo-franco-inglese con accenti ballerini. Leggo giornali e riviste in tre lingue, è vero, ma guardo, devo ammetterlo, dvd solo in inglese, anzi slang americano. Ieri Shrek, oggi l'Era Glaciale (sono nella fase cartoon), l'altroieri When Harry met Sally, uno dei miei cult quando come in questi giorni non riesco a smettere di far qualcosa fino alle 4 del mattino, ancora sotto l'effetto del jet lag.
Sto ascoltando la canzone di Allen (vedi archivi di settembre...) in loop (l'originale dura 38 secondi, e finisce con un esilarante "arrivederci y'all", imperdibile), e mi viene tanto da ridere perché mi ricordo quanto ci siamo divertiti, anche se siamo stati le persone più serie del mondo nel nostro lavoro. Oggi ho riascoltato il mio cd in macchina di Chris andando a Ikea a comprare copripiumini: che bel disco che abbiamo realizzato! Suona proprio da Dio, anche nelle casse distorte dello stereo scassato...
...Ripenso a quello che dice la Reynolds: che in Italia i musicisti di jazz nella maggior parte dei casi non sembrano avere alcuna urgenza espressiva. Almeno in confronto ai musicisti americani... Un motivo per suonare, una forza dentro per dire quel che si sente... Perché mi viene in mente tutto questo mentre ascolto Allen che non riesce a mantenersi serio mentre canta in perfetto stile country la sua canzone d'amore di Wal-Mart, e lascia calare i finali delle note con nonchalance? Perché l'ultima sera nel suo studio ho ascoltato ogni tipo di progetti, dal blues al country al jazz al rock, ed è stato come se avessi visto passare fotogrammi e fotogrammi di musica, tutti diversi e tutti belli...
E' questo che mi ha fatto piangere come una fontana, alla vigilia della mia partenza: desidero così fortemente ritrovare il SENSO della musica! Noi d'altra parte forse è il senso dell'arte in genere che stiamo perdendo? Sappiamo cos'è la cultura, ma siamo sicuri che ci ricordiamo il significato dell'arte?
Mi mancano i miei amici americani, ma per fortuna oggi mi hanno scritto Jewell e Harold, una e-mail così affettuosa... Ann e Betsy stanno bene, e Ann dice che gli viene da piangere al pensiero che ha lasciato qui tutto il calore delle amicizie e degli incontri fatti... Vedi che poi basta che ti muovi nel mondo, in fondo non è molto importante dove vai, l'importante è spostarsi da se stessi, e imparare sempre qualcosa di nuovo sui mondi, sulle relazioni, sui modi di pensare... Mi scrive regolarmente Bob, il mio grafico, con cui stiamo andando avanti nella progettazione della copertina. Mark, Allen, Donald e tutti gli altri sono sicuramente persi nei loro mille lavori e non mi rispondono, figurati se si fermano a scrivermi ciao come stai, che tempo fa lì qui piove, cosa stai pensando, cammini abbastanza o ti senti reclusa come qui...? Cose da italiani.
Poi che c'entra, chiaro che quando vado a Knox li ritrovo tutti e so che i nostri abbracci e la nostra musica saranno caldi come sempre. Non c'è nemmeno da metterlo in dubbio! E' sempre stato così, eppure mi stupisce ogni volta come il tempo poi non sia mai passato, e tutto ricomincia con una naturezza e una velocità di realizzazione che mi lascia perplessa, io italiana che conosco solo il grande rumore delle feste conviviali, e non la calma interiorità tutta Southern della gente di laggiù... E' che nel frattempo ci saranno mesi d'inverno e di freddo, che nessuno può riempire per gli amici assenti. Ma questo non sembra importare molto per gli americani, almeno per quelli che non hanno mai vissuto in Europa almeno per un po' di tempo.
E malgrado queste differenze, malgrado tutto quello che mi mancherebbe se stessi lì a cantare, registrare, studiare tutto il giorno... malgrado tutta la solitudine che soffrirei, perché le amicizie lì non sono come qui che se ti abbracci una volta è per sempre a ridere e far casino, e poi ti vedi e vai al bar, a passeggiare, mangiare e guardare la luna insieme fino all'alba, con o senza il bisogno di parlare fa lo stesso... malgrado tutto questo non mi si stacca il cuore dai fiumi, dai laghi, dalle praterie, dalle Montagne Fumose in lontananza, e dalla mia terra Cherokee che misteriosamente mi chiama, come fosse un calumet della pace, un fuoco, una danza sacra e un cerchio di tribù.
Parlo una strana lingua mista, un italo-franco-inglese con accenti ballerini. Leggo giornali e riviste in tre lingue, è vero, ma guardo, devo ammetterlo, dvd solo in inglese, anzi slang americano. Ieri Shrek, oggi l'Era Glaciale (sono nella fase cartoon), l'altroieri When Harry met Sally, uno dei miei cult quando come in questi giorni non riesco a smettere di far qualcosa fino alle 4 del mattino, ancora sotto l'effetto del jet lag.
Sto ascoltando la canzone di Allen (vedi archivi di settembre...) in loop (l'originale dura 38 secondi, e finisce con un esilarante "arrivederci y'all", imperdibile), e mi viene tanto da ridere perché mi ricordo quanto ci siamo divertiti, anche se siamo stati le persone più serie del mondo nel nostro lavoro. Oggi ho riascoltato il mio cd in macchina di Chris andando a Ikea a comprare copripiumini: che bel disco che abbiamo realizzato! Suona proprio da Dio, anche nelle casse distorte dello stereo scassato...
...Ripenso a quello che dice la Reynolds: che in Italia i musicisti di jazz nella maggior parte dei casi non sembrano avere alcuna urgenza espressiva. Almeno in confronto ai musicisti americani... Un motivo per suonare, una forza dentro per dire quel che si sente... Perché mi viene in mente tutto questo mentre ascolto Allen che non riesce a mantenersi serio mentre canta in perfetto stile country la sua canzone d'amore di Wal-Mart, e lascia calare i finali delle note con nonchalance? Perché l'ultima sera nel suo studio ho ascoltato ogni tipo di progetti, dal blues al country al jazz al rock, ed è stato come se avessi visto passare fotogrammi e fotogrammi di musica, tutti diversi e tutti belli...
E' questo che mi ha fatto piangere come una fontana, alla vigilia della mia partenza: desidero così fortemente ritrovare il SENSO della musica! Noi d'altra parte forse è il senso dell'arte in genere che stiamo perdendo? Sappiamo cos'è la cultura, ma siamo sicuri che ci ricordiamo il significato dell'arte?
Mi mancano i miei amici americani, ma per fortuna oggi mi hanno scritto Jewell e Harold, una e-mail così affettuosa... Ann e Betsy stanno bene, e Ann dice che gli viene da piangere al pensiero che ha lasciato qui tutto il calore delle amicizie e degli incontri fatti... Vedi che poi basta che ti muovi nel mondo, in fondo non è molto importante dove vai, l'importante è spostarsi da se stessi, e imparare sempre qualcosa di nuovo sui mondi, sulle relazioni, sui modi di pensare... Mi scrive regolarmente Bob, il mio grafico, con cui stiamo andando avanti nella progettazione della copertina. Mark, Allen, Donald e tutti gli altri sono sicuramente persi nei loro mille lavori e non mi rispondono, figurati se si fermano a scrivermi ciao come stai, che tempo fa lì qui piove, cosa stai pensando, cammini abbastanza o ti senti reclusa come qui...? Cose da italiani.
Poi che c'entra, chiaro che quando vado a Knox li ritrovo tutti e so che i nostri abbracci e la nostra musica saranno caldi come sempre. Non c'è nemmeno da metterlo in dubbio! E' sempre stato così, eppure mi stupisce ogni volta come il tempo poi non sia mai passato, e tutto ricomincia con una naturezza e una velocità di realizzazione che mi lascia perplessa, io italiana che conosco solo il grande rumore delle feste conviviali, e non la calma interiorità tutta Southern della gente di laggiù... E' che nel frattempo ci saranno mesi d'inverno e di freddo, che nessuno può riempire per gli amici assenti. Ma questo non sembra importare molto per gli americani, almeno per quelli che non hanno mai vissuto in Europa almeno per un po' di tempo.
E malgrado queste differenze, malgrado tutto quello che mi mancherebbe se stessi lì a cantare, registrare, studiare tutto il giorno... malgrado tutta la solitudine che soffrirei, perché le amicizie lì non sono come qui che se ti abbracci una volta è per sempre a ridere e far casino, e poi ti vedi e vai al bar, a passeggiare, mangiare e guardare la luna insieme fino all'alba, con o senza il bisogno di parlare fa lo stesso... malgrado tutto questo non mi si stacca il cuore dai fiumi, dai laghi, dalle praterie, dalle Montagne Fumose in lontananza, e dalla mia terra Cherokee che misteriosamente mi chiama, come fosse un calumet della pace, un fuoco, una danza sacra e un cerchio di tribù.
giovedì, ottobre 27, 2005
Cité des Sciences
Immaginiamo che adesso andiamo a Beaubourg... O che raggiungiamo la Citè des Sciences a La Villette, con i musei interattivi in cui sperimentare oggetti, movimenti, eventi... Immaginiamo le passeggiate sulla cartina di Parigi ognuno a cercare casa sua dov'è, rimaniamo un pò stupiti nel notare che l'interno di una navicella spaziale racchiuda altrettanto disordine di uno dei nostri monolocali studenteschi, e andiamo a vedere film in proiezione speciale su schermo gigante e avvolgente alla Géode... Parigi è questo, è molto di più? Non lo so, ci sto pensando...
Prima o poi farò il forum...
Grazie Marianna per il bellissimo comment che hai lasciato al mio post precedente. Per favore andatelo a leggere! E' così che dovremmo essere tutti, accorati e impegnati profondamente, con le domande sempre vive nella testa e nel cuore, e non importa mai se è un momentaccio...
Ma ci pensate? I nostri nonni, e per quanto mi riguarda anche molti miei parenti più giovani di loro, se non della generazione dei miei genitori, insomma le nostre famiglie in molti casi hanno fatto la Resistenza! Cerchiamo di ascoltare i loro racconti, e di renderci consapevoli di quanto potesse sembrare senza speranza avere fascisti e nazisti tutto intorno ad opprimere, torturare, uccidere...
Mio padre mi diceva "se non hai mai visto un soldato tedesco armato fino ai denti, in piedi davanti a te a pochi centimetri, tu non puoi sapere cos'è la paura. Io lo so".
Taceva sempre a lungo, quando capitava questo momento. Aveva gli occhi pieni di un pianto senza lacrime, le labbra pallide, e lo sguardo lontano nel tempo, eppure era come se parlasse di un eterno presente.
Andava a portare da mangiare al padre che si era nascosto nella casbah a Tunisi perché non lo uccidessero i nazisti. Aveva la cartella nel cesto della bici, e l'aria da studente appena uscito da scuola. Spingeva lentamente il manubrio, portando la bicicletta a piedi, un passo dopo l'altro.
Dentro la cartella non c'erano i libri di scuola. C'era il cibo per il padre. E passava così annullando pensieri, emozioni e sentimenti, affinché loro non si accorgessero dell'inganno. Passava così davanti alle file dei soldati nazisti: senza preghiere, forse, nel suo cuore ateo. Ma con un silenzio degno di un monastero.
Credo come la maggioranza (sì!) degli Italiani che il nostro Paese stia attraversando un momento di pesante dittatura. Dice Berlusconi, quasi prendendo a male parole il nostro pur sempre Presidente delle Repubblica (ma al Berlusca sai che gliene frega delle istituzioni?) che non si sono mai fatte così tante riforme come sotto il suo governo. Oh sì! Han distrutto la Scuola e l'Università, cambiato volto alla Televisione (la mia come sapete è finalmente chiusa dentro un mobile di legno massello a due ante), privatizzato quasi tutto, tentato di violentare la Costituzione, cambiato le leggi elettorali e fatto qualche altro decretuccio per salvare il culo ai Potenti...
Credo che dovremmo ridarci dei nomi di battaglia, e ricominciare ad andar sulle Montagne a far la Resistenza. Le montagne della Conoscenza, le foreste del Suono, nel folto dei libri, dei dischi, dei film, del teatro e della poesia, dei quadri e delle sculture. Far lezione nelle piazze o nei campi, come faceva Che Guevara. Lottare per questa cultura che ci stanno rubando, insieme a tutto il resto. Urlare forte che "no pasaran!". Gridare in alto che la cultura è un diritto del popolo, e un dovere dei governanti. Che non si paga, non si deve pagare, ma che si ripaga con la propria coscienza di Esseri Umani, di Cittadini, di Lavoratori, di Studenti, di Artisti.
Il mio nome è Chief Earthquake, Capo Terremoto come mi chiama la Reynolds. La brigata Arkavox si riunisce quando volete, e per poter cantare bene cerca domande cui non trovar risposte. Da dove viene il vento, e dove va il mare. Che suono ha il silenzio, che note produce la felicità. Di che colore è la notte, di cosa è fatta l'aurora, e quale sapore ha il giorno...
No wonder che poi siamo così forti, e uniti sempre. No wonder che la disperazione non si tramuti mai in distruttività e pessimismo, ma tenga anzi sempre viva la nostra Creatività.
Ma ci pensate? I nostri nonni, e per quanto mi riguarda anche molti miei parenti più giovani di loro, se non della generazione dei miei genitori, insomma le nostre famiglie in molti casi hanno fatto la Resistenza! Cerchiamo di ascoltare i loro racconti, e di renderci consapevoli di quanto potesse sembrare senza speranza avere fascisti e nazisti tutto intorno ad opprimere, torturare, uccidere...
Mio padre mi diceva "se non hai mai visto un soldato tedesco armato fino ai denti, in piedi davanti a te a pochi centimetri, tu non puoi sapere cos'è la paura. Io lo so".
Taceva sempre a lungo, quando capitava questo momento. Aveva gli occhi pieni di un pianto senza lacrime, le labbra pallide, e lo sguardo lontano nel tempo, eppure era come se parlasse di un eterno presente.
Andava a portare da mangiare al padre che si era nascosto nella casbah a Tunisi perché non lo uccidessero i nazisti. Aveva la cartella nel cesto della bici, e l'aria da studente appena uscito da scuola. Spingeva lentamente il manubrio, portando la bicicletta a piedi, un passo dopo l'altro.
Dentro la cartella non c'erano i libri di scuola. C'era il cibo per il padre. E passava così annullando pensieri, emozioni e sentimenti, affinché loro non si accorgessero dell'inganno. Passava così davanti alle file dei soldati nazisti: senza preghiere, forse, nel suo cuore ateo. Ma con un silenzio degno di un monastero.
Credo come la maggioranza (sì!) degli Italiani che il nostro Paese stia attraversando un momento di pesante dittatura. Dice Berlusconi, quasi prendendo a male parole il nostro pur sempre Presidente delle Repubblica (ma al Berlusca sai che gliene frega delle istituzioni?) che non si sono mai fatte così tante riforme come sotto il suo governo. Oh sì! Han distrutto la Scuola e l'Università, cambiato volto alla Televisione (la mia come sapete è finalmente chiusa dentro un mobile di legno massello a due ante), privatizzato quasi tutto, tentato di violentare la Costituzione, cambiato le leggi elettorali e fatto qualche altro decretuccio per salvare il culo ai Potenti...
Credo che dovremmo ridarci dei nomi di battaglia, e ricominciare ad andar sulle Montagne a far la Resistenza. Le montagne della Conoscenza, le foreste del Suono, nel folto dei libri, dei dischi, dei film, del teatro e della poesia, dei quadri e delle sculture. Far lezione nelle piazze o nei campi, come faceva Che Guevara. Lottare per questa cultura che ci stanno rubando, insieme a tutto il resto. Urlare forte che "no pasaran!". Gridare in alto che la cultura è un diritto del popolo, e un dovere dei governanti. Che non si paga, non si deve pagare, ma che si ripaga con la propria coscienza di Esseri Umani, di Cittadini, di Lavoratori, di Studenti, di Artisti.
Il mio nome è Chief Earthquake, Capo Terremoto come mi chiama la Reynolds. La brigata Arkavox si riunisce quando volete, e per poter cantare bene cerca domande cui non trovar risposte. Da dove viene il vento, e dove va il mare. Che suono ha il silenzio, che note produce la felicità. Di che colore è la notte, di cosa è fatta l'aurora, e quale sapore ha il giorno...
No wonder che poi siamo così forti, e uniti sempre. No wonder che la disperazione non si tramuti mai in distruttività e pessimismo, ma tenga anzi sempre viva la nostra Creatività.
martedì, ottobre 25, 2005
La libertà non è star sopra un albero... (G.Gaber)
Gli elicotteri continuano a sorvolare rumorosamente la città da questa mattina presto. C'è polizia dappertutto, sono tutti molto preoccupati, si spostano velocemente da un angolo all'altro del centro storico. Le ambulanze urlano, rimangono incastrate nel traffico impazzito.
Ho fatto due ore di marcia da Trastevere a piazzale Flaminio, e per un pò sono entrata nel corteo, un pò spaventata, ma molto fiera. Cordoni tesi, ma ordinati, per impedire che si uscisse dalle file. Cordoni di sicurezza per fare in modo che la manifestazione proseguisse compatta e senza brutte sorprese, dall'interno e dall'esterno. Fumogeni, un pò di panico, ma si resta lì. Poi ci si rimette in marcia, ma nelle stradine del centro in cui ci riversiamo noi delle ali troppo compresse dentro il viale più grande, proprio non ci si entra, tutti stretti stretti come siamo. Il camion enorme e carico di studenti sulla via principale, dice di alzare le mani e di avanzare lo stesso verso il Parlamento. A mani alzate, a mani alzate, proseguiamo. Ma ci fermano sempre, ci dirottano, e nei varchi laterali controllano: "no, quello lì ci ha una bandiera, non lo fare passare". I turisti fotografano, si guardano intorno, hanno buste dello shopping e biciclette col pane caldo nei cestini...
Esco dal corteo e raggiungo da sola piazza Montecitorio. E' piena di insegnanti, giovani, anziani, che parlano, progettano. Qualcuno ha al telefono i suoi studenti: "ma perché non venite qui? Non riuscite proprio a raggiungerci?". Altri si contano, dicono ad alta voce le città di provenienza, e così ascolto nominare l'Italia, quella di Gianni Rodari, quella di Marco Paolini, quella delle stazioni...
Ho pensato molte volte: adesso mi faccio arrestare.
Ero molto arrabbiata.
Uno Stato che vuole impedire agli studenti di manifestare la loro ferma intenzione di studiare, e di studiare bene, di studiare tutti, e tanto, è veramente uno Stato troppo malato.
Ho fatto due ore di marcia da Trastevere a piazzale Flaminio, e per un pò sono entrata nel corteo, un pò spaventata, ma molto fiera. Cordoni tesi, ma ordinati, per impedire che si uscisse dalle file. Cordoni di sicurezza per fare in modo che la manifestazione proseguisse compatta e senza brutte sorprese, dall'interno e dall'esterno. Fumogeni, un pò di panico, ma si resta lì. Poi ci si rimette in marcia, ma nelle stradine del centro in cui ci riversiamo noi delle ali troppo compresse dentro il viale più grande, proprio non ci si entra, tutti stretti stretti come siamo. Il camion enorme e carico di studenti sulla via principale, dice di alzare le mani e di avanzare lo stesso verso il Parlamento. A mani alzate, a mani alzate, proseguiamo. Ma ci fermano sempre, ci dirottano, e nei varchi laterali controllano: "no, quello lì ci ha una bandiera, non lo fare passare". I turisti fotografano, si guardano intorno, hanno buste dello shopping e biciclette col pane caldo nei cestini...
Esco dal corteo e raggiungo da sola piazza Montecitorio. E' piena di insegnanti, giovani, anziani, che parlano, progettano. Qualcuno ha al telefono i suoi studenti: "ma perché non venite qui? Non riuscite proprio a raggiungerci?". Altri si contano, dicono ad alta voce le città di provenienza, e così ascolto nominare l'Italia, quella di Gianni Rodari, quella di Marco Paolini, quella delle stazioni...
Ho pensato molte volte: adesso mi faccio arrestare.
Ero molto arrabbiata.
Uno Stato che vuole impedire agli studenti di manifestare la loro ferma intenzione di studiare, e di studiare bene, di studiare tutti, e tanto, è veramente uno Stato troppo malato.
domenica, ottobre 23, 2005
A casa?
Sì, a Siena è andata proprio bene, molti allievi, tantissimi i nuovi, bellissime voci, personalità interessanti, e un meraviglioso inizio, insieme con Alice, a cantare tutti insieme (eravamo trenta!):
step by step the longest march
can be won, can be won
many stones to form an arch
singley none, singley none
and by union what we will
can be accomplished still
drops of water turn a mill
singley none, singley none
*************************************
oh freedom oh freedom
oh freedom over me
and before I’ll be a slave
I’ll be buried in my grave
and go home to my Lord and be free
Un inzio d'anno che abbiamo applaudito forte, alcuni (io per prima) un pò commossi....
Sono ripartita subito, col pullman delle 8 ieri sera. A mezzanotte ero nella mia casa romana, salutavo Betsy e Ann che partivano la domenica mattina per tornare a Knox.
Ho dormito, ho sognato.
Mi sono svegliata alla sei per gli ultimi saluti, molto commossi anche questi perché a Betsy voglio proprio bene, ha l'età della mia mamma ma con lei riesco ad avere un bel rapporto umano, insomma un pò mi consolo dell'assenza...
...Ora loro sono ancora in viaggio, immagino il lungo volo che le riporta a casa.
Penso alla mia stanza da Betsy, alla mia vista sugli scoiattoli e gli uccelli coloratissimi del Tennessee. Penso alla mia vita americana fatta di sola ricerca, musica sempre, solo musica, e il resto verdi campi e laghi e fiumi.
Penso anche che martedì probabilmente sarò a Parigi. Rivedo Donald, e dormo da Alessandra, con cui passerò un'altra settimana indimenticabile, di quelle nostre da ragazze, con le chiacchiere la notte, le risate, le malinconie...
Ho cercato mio fratello, oggi con un sms, mi ha risposto che era a Place de l'Opéra.
In questo momento è proprio difficile starmi dentro.
step by step the longest march
can be won, can be won
many stones to form an arch
singley none, singley none
and by union what we will
can be accomplished still
drops of water turn a mill
singley none, singley none
*************************************
oh freedom oh freedom
oh freedom over me
and before I’ll be a slave
I’ll be buried in my grave
and go home to my Lord and be free
Un inzio d'anno che abbiamo applaudito forte, alcuni (io per prima) un pò commossi....
Sono ripartita subito, col pullman delle 8 ieri sera. A mezzanotte ero nella mia casa romana, salutavo Betsy e Ann che partivano la domenica mattina per tornare a Knox.
Ho dormito, ho sognato.
Mi sono svegliata alla sei per gli ultimi saluti, molto commossi anche questi perché a Betsy voglio proprio bene, ha l'età della mia mamma ma con lei riesco ad avere un bel rapporto umano, insomma un pò mi consolo dell'assenza...
...Ora loro sono ancora in viaggio, immagino il lungo volo che le riporta a casa.
Penso alla mia stanza da Betsy, alla mia vista sugli scoiattoli e gli uccelli coloratissimi del Tennessee. Penso alla mia vita americana fatta di sola ricerca, musica sempre, solo musica, e il resto verdi campi e laghi e fiumi.
Penso anche che martedì probabilmente sarò a Parigi. Rivedo Donald, e dormo da Alessandra, con cui passerò un'altra settimana indimenticabile, di quelle nostre da ragazze, con le chiacchiere la notte, le risate, le malinconie...
Ho cercato mio fratello, oggi con un sms, mi ha risposto che era a Place de l'Opéra.
In questo momento è proprio difficile starmi dentro.
sabato, ottobre 22, 2005
To know or not to know
Durante il ritorno a Roma dopo le lezioni a Siena, felice per il bel lavoro compiuto, ma con questa perdurante situazione interiore di dilaniamento, ho avuto un'illuminazione:
Non so che fare... Non so che fare...
Non è che uno non sappia cosa fare. Uno lo sa benissimo cosa fare!
E' che bisogna decidersi a farlo...
Non so che fare... Non so che fare...
Non è che uno non sappia cosa fare. Uno lo sa benissimo cosa fare!
E' che bisogna decidersi a farlo...
lunedì, ottobre 17, 2005
Homesick...
Sorry folks, I'm posting in English.
As soon as I arrived here in Siena last Friday, Alice Reynolds and I began to talk to each other in English. Southern English, to be precise. Remember? She is from Georgia, and I'm about to be from Tennessee. Gee! We forgot anybody else, and the whole world around, and talk talk talk about us being so homesick...
The faculty meeting has been absolutely great, with our boss Franco Caroni telling us wonderful news about the school, and giving me his personal congratulations for whole that I accomplished in the U.S. Then we started the briefing to introduce the new course, the test, and the auditions. We have now something like 45 new students, very interesting voices and personalities... Then we played a little bit all together, and we had so much fun! To end a perfect day of incredibly hard work, our boss invited us to have dinner at a very good restaurant. Some folks are missing here, like Simona (another voice teacher of my staff), Luca (our secretary), and our boss Franco himself. And yes, we have been drinking a lot, and it shows!!!
Here is Matteo Addabbo, one of our pianists. He frightened us because he had a terrible accident last September, but seems to feel really better now. I personally love him so much, both as a musician and as a friend. Matteo, please never feel bad again, we need you desperately for our happiness!
After this incredible dinner I went back to Siena to meet my ex students Graziana and Pietro, because I'm staying at their place for this whole week. I called them on their cell phone, and they were in piazza del Campo, where the winners of the Palio contest were passing with their drums and flags, celebrating their victory.
The school here in Siena is absolutely wonderful. Again renewed in many aspects, here are some pictures to get a little taste of it.
Yesterday Betta and Romina, two ex students and now fantastic friends of ours, gathered here with me and Luca Necciari, the bass player. We spent the afternoon and part of the evening together walking and sitting in the gardens of the Fortezza, looking at our magnificent school, where so many musical miracles occur...
After a perfect sunset, the moon shined in her full glow. We were in absolute peace, joy, and love for each other.
Finally, we went in the country at Betta's, where her parents prepared for everybody terrific home made pasta ("pappardelle") with the mushrooms they had picked up in the woods, a perfect red wine, and a warm fire burning in the fire place.
As soon as I arrived here in Siena last Friday, Alice Reynolds and I began to talk to each other in English. Southern English, to be precise. Remember? She is from Georgia, and I'm about to be from Tennessee. Gee! We forgot anybody else, and the whole world around, and talk talk talk about us being so homesick...
The faculty meeting has been absolutely great, with our boss Franco Caroni telling us wonderful news about the school, and giving me his personal congratulations for whole that I accomplished in the U.S. Then we started the briefing to introduce the new course, the test, and the auditions. We have now something like 45 new students, very interesting voices and personalities... Then we played a little bit all together, and we had so much fun! To end a perfect day of incredibly hard work, our boss invited us to have dinner at a very good restaurant. Some folks are missing here, like Simona (another voice teacher of my staff), Luca (our secretary), and our boss Franco himself. And yes, we have been drinking a lot, and it shows!!!
Here is Matteo Addabbo, one of our pianists. He frightened us because he had a terrible accident last September, but seems to feel really better now. I personally love him so much, both as a musician and as a friend. Matteo, please never feel bad again, we need you desperately for our happiness!
After this incredible dinner I went back to Siena to meet my ex students Graziana and Pietro, because I'm staying at their place for this whole week. I called them on their cell phone, and they were in piazza del Campo, where the winners of the Palio contest were passing with their drums and flags, celebrating their victory.
The school here in Siena is absolutely wonderful. Again renewed in many aspects, here are some pictures to get a little taste of it.
Yesterday Betta and Romina, two ex students and now fantastic friends of ours, gathered here with me and Luca Necciari, the bass player. We spent the afternoon and part of the evening together walking and sitting in the gardens of the Fortezza, looking at our magnificent school, where so many musical miracles occur...
After a perfect sunset, the moon shined in her full glow. We were in absolute peace, joy, and love for each other.
Finally, we went in the country at Betta's, where her parents prepared for everybody terrific home made pasta ("pappardelle") with the mushrooms they had picked up in the woods, a perfect red wine, and a warm fire burning in the fire place.
mercoledì, ottobre 12, 2005
Corpo e Anima
Sono arrivata ieri, o per lo meno intanto è arrivato il mio corpo.
Sono atterrata alle 9 e 45 con un'ora di ritardo (le 3 e 45 del mattino, ora del Tennessee).
Stavolta mi sono regalata un rientro in taxi, visto che Loretta non poteva venire a prendermi e che non solo era distrutta psicofisicamente, ma avevo anche un bagaglio degno di un emiro arabo, nel senso della quantità di valige, naturalmente.
Sono stata sommersa di telefonate di benvenuto, il che mi ha notevolmente sostenuta durante tutta la giornata. Ho fatto anche due belle lezioni, scritto parecchie e-mails, guardato la mia casetta per ritrovarmici.
Ho messo il piumone e mi ci sono infilata appena possibile, cioè ben dopo la mezzanotte, e ho dormito duro fino a quando, alle 8 e 30 stamattina, non mi hanno chiamata Betsy e Ann dall'aereoporto: sono arrivate!
Mi fa un effetto strano averle salutate prima di partire a Knox, e ritrovarmele qui a Roma dopo 48 ore...
Ora stanno riposando, e io proseguo il mio intenso lavoro di segretaria di me stessa: telefonate a Siena Jazz, e-mails di programmi di corsi, aggiornamenti di orari e date di calendario...
Fra un pò andremo a pranzo, poi un po' in giro: sono contenta di passeggiare per le stradine del centro!
Insomma, cerco di riambientarmi.
Non è che per ora mi senta molto a casa.
E in più fatico a parlare italiano: è come se avessi cambiato completamente range di ascolto, e volentieri parlerei come la nostra Alice Reynolds, con una forte cadenza americana e molte parole traslitterate...
Parto per Siena venerdì. Le valige mi guardano a bocca aperta.
Sono atterrata alle 9 e 45 con un'ora di ritardo (le 3 e 45 del mattino, ora del Tennessee).
Stavolta mi sono regalata un rientro in taxi, visto che Loretta non poteva venire a prendermi e che non solo era distrutta psicofisicamente, ma avevo anche un bagaglio degno di un emiro arabo, nel senso della quantità di valige, naturalmente.
Sono stata sommersa di telefonate di benvenuto, il che mi ha notevolmente sostenuta durante tutta la giornata. Ho fatto anche due belle lezioni, scritto parecchie e-mails, guardato la mia casetta per ritrovarmici.
Ho messo il piumone e mi ci sono infilata appena possibile, cioè ben dopo la mezzanotte, e ho dormito duro fino a quando, alle 8 e 30 stamattina, non mi hanno chiamata Betsy e Ann dall'aereoporto: sono arrivate!
Mi fa un effetto strano averle salutate prima di partire a Knox, e ritrovarmele qui a Roma dopo 48 ore...
Ora stanno riposando, e io proseguo il mio intenso lavoro di segretaria di me stessa: telefonate a Siena Jazz, e-mails di programmi di corsi, aggiornamenti di orari e date di calendario...
Fra un pò andremo a pranzo, poi un po' in giro: sono contenta di passeggiare per le stradine del centro!
Insomma, cerco di riambientarmi.
Non è che per ora mi senta molto a casa.
E in più fatico a parlare italiano: è come se avessi cambiato completamente range di ascolto, e volentieri parlerei come la nostra Alice Reynolds, con una forte cadenza americana e molte parole traslitterate...
Parto per Siena venerdì. Le valige mi guardano a bocca aperta.
lunedì, ottobre 10, 2005
We'll keep in touch
C'e' un segno dell'I King, il numero 24, che si chiama il Ritorno.
Parla del ritorno in se stessi, del ritorno della salute dopo la malattia, della calma dopo la tempesta. Dice che quando e' il tempo del Ritorno si sta cheti, per permettere alle energie di ristorarsi. In effetti, corrisponde al tempo dell'inverno, del Natale, e percio' e' come il tempo della neve che ricopre tutto, in attesa della nuova fioritura, dopo il disgelo della primavera.
Ancora non sono tornata, eppure mi trovo gia' in questo disgelo, e mi sciolgo in pianto come neve.
Le valigie in camera sono gia' pronte, e la stanza sembra come vuota. Non sono pero' gli oggetti e i luoghi che mi mancheranno. Cio' che lascio, e che pur non lascera' me, questa volta e' ben altro.
Lascio, ora lo so, una terra che e' il centro di creazione della Musica, di ogni tipo di musica. Stasera con Allen ci siamo chiusi in studio ad ascoltarla: country, rock, jazz, blues, pop... Tutta la musica registrata nel suo studio durante questo mese, tutti i dischi in produzione al momento attuale. Gli dico che e' maledettamente fortunato a fare questo mestiere. Mi dice si', e' vero.
Lascio serate indimenticabili di note, armonie, ritmi, sentimenti, emozioni, e una grande fratellanza mai provata altrove, serate di jam sessions indiavolate a rincorrersi per comunicare, per condividere, per conoscersi piu' a fondo, per trovarsi, e riconoscersi.
Lascio degli amici molto speciali, dei fratelli d'anima che saranno ora e per un poco lontani fisicamente, ma vicinissimi nel cuore e nei progetti musicali.
Lascio questi luoghi con un disco appena finito preziosamente custodito nel mio zaino, e due progetti nuovi da realizzare entro un anno, con due diverse formazioni.
Nella mente di Allen, questi due progetti (uno di mia invenzione, uno nato dalle sue idee personali), si trovano su una tavolozza di acquerelli, di quelle per i bambini, sapete, semplici contenitori bianchi con le vaschette pronte per accogliere il colore.
Io ho pensato la parte piu' scura (lui dice: il nero, il porpora, i colori terra), aggressiva, di denuncia politica e sociale, su cui lavorero' con Donald; lui vede di me la parte piu' chiara (i verdi, i bianchi, i blu, i gialli...), e un lavoro fondato sulla melodia e sul testo, "just songs", come se fosse poco...
Mi disegna stasera su un foglio bianco questa semplice tavolozza, mentre sorseggiamo davanti al computer dello studio l'agognata bottiglia di Barbera d'Alba che gli avevo portato dall'Italia. Mi spiega i colori, e crea con la fantasia i melanges, le sfumature soffuse per le varie combinazioni. Mi dice "guarda che la prossima volta che vieni faremo questi due dischi contemporaneamente... sei pronta? Dovrai separarti in due, e riuscire ad appartenere completamente a questi due progetti, uno tuo e di Donald, e uno mio" .
Sono pronta. Anzi in effetti questa notte abbiamo gia' cominciato a lavorare, ascoltando brani, scegliendone alcuni, e vagliando possibili musicisti attraverso l'ascolto delle loro ultime produzioni.
Sono pronta.
Il tempo e lo spazio che mi separano da tutto questo non sono niente. La musica ora la sento chiara e forte come un tuono sommesso scuotermi nel piu' profondo della mia anima.
Ma non sono sola.
Allen, come fa spesso quando parliamo insieme di musica o mi ascolta cantare, solleva la manica della camicia e mi dice di sentire la sua pelle vibrare.
Sospendendo cosi' per un attimo il suo lavorio attraverso i files e le tracks tra un monitor e l'altro, Allen ha il cuore aperto, e la pelle d'oca.
Parla del ritorno in se stessi, del ritorno della salute dopo la malattia, della calma dopo la tempesta. Dice che quando e' il tempo del Ritorno si sta cheti, per permettere alle energie di ristorarsi. In effetti, corrisponde al tempo dell'inverno, del Natale, e percio' e' come il tempo della neve che ricopre tutto, in attesa della nuova fioritura, dopo il disgelo della primavera.
Ancora non sono tornata, eppure mi trovo gia' in questo disgelo, e mi sciolgo in pianto come neve.
Le valigie in camera sono gia' pronte, e la stanza sembra come vuota. Non sono pero' gli oggetti e i luoghi che mi mancheranno. Cio' che lascio, e che pur non lascera' me, questa volta e' ben altro.
Lascio, ora lo so, una terra che e' il centro di creazione della Musica, di ogni tipo di musica. Stasera con Allen ci siamo chiusi in studio ad ascoltarla: country, rock, jazz, blues, pop... Tutta la musica registrata nel suo studio durante questo mese, tutti i dischi in produzione al momento attuale. Gli dico che e' maledettamente fortunato a fare questo mestiere. Mi dice si', e' vero.
Lascio serate indimenticabili di note, armonie, ritmi, sentimenti, emozioni, e una grande fratellanza mai provata altrove, serate di jam sessions indiavolate a rincorrersi per comunicare, per condividere, per conoscersi piu' a fondo, per trovarsi, e riconoscersi.
Lascio degli amici molto speciali, dei fratelli d'anima che saranno ora e per un poco lontani fisicamente, ma vicinissimi nel cuore e nei progetti musicali.
Lascio questi luoghi con un disco appena finito preziosamente custodito nel mio zaino, e due progetti nuovi da realizzare entro un anno, con due diverse formazioni.
Nella mente di Allen, questi due progetti (uno di mia invenzione, uno nato dalle sue idee personali), si trovano su una tavolozza di acquerelli, di quelle per i bambini, sapete, semplici contenitori bianchi con le vaschette pronte per accogliere il colore.
Io ho pensato la parte piu' scura (lui dice: il nero, il porpora, i colori terra), aggressiva, di denuncia politica e sociale, su cui lavorero' con Donald; lui vede di me la parte piu' chiara (i verdi, i bianchi, i blu, i gialli...), e un lavoro fondato sulla melodia e sul testo, "just songs", come se fosse poco...
Mi disegna stasera su un foglio bianco questa semplice tavolozza, mentre sorseggiamo davanti al computer dello studio l'agognata bottiglia di Barbera d'Alba che gli avevo portato dall'Italia. Mi spiega i colori, e crea con la fantasia i melanges, le sfumature soffuse per le varie combinazioni. Mi dice "guarda che la prossima volta che vieni faremo questi due dischi contemporaneamente... sei pronta? Dovrai separarti in due, e riuscire ad appartenere completamente a questi due progetti, uno tuo e di Donald, e uno mio" .
Sono pronta. Anzi in effetti questa notte abbiamo gia' cominciato a lavorare, ascoltando brani, scegliendone alcuni, e vagliando possibili musicisti attraverso l'ascolto delle loro ultime produzioni.
Sono pronta.
Il tempo e lo spazio che mi separano da tutto questo non sono niente. La musica ora la sento chiara e forte come un tuono sommesso scuotermi nel piu' profondo della mia anima.
Ma non sono sola.
Allen, come fa spesso quando parliamo insieme di musica o mi ascolta cantare, solleva la manica della camicia e mi dice di sentire la sua pelle vibrare.
Sospendendo cosi' per un attimo il suo lavorio attraverso i files e le tracks tra un monitor e l'altro, Allen ha il cuore aperto, e la pelle d'oca.
mercoledì, ottobre 05, 2005
Seva@soundcurrent.com
"Hey, questo adesso e' il tuo disco, ok?" mi dice Allen lunedi' notte prima di iniziare a fare il definitivo bouncing delle tracce stereo per Seva.
Mi guarda serio ma come luminoso, e sento la meravigliosa gravita' del momento attraverso i suoi occhi: mi siedo ferma ferma davanti al monitor che traccia i segnali. Guardiamo solennemente insieme brano dopo brano, che non ci siano clipping. Amo Allen che mi fa sentire davvero importante. Mi batte forte il cuore. Molto forte.
Mercoledi' mattina, ore 9 meno dieci. Suono alla porta di Seva, anche se sono in anticipo. Davanti a me e' appeso un grande pannello con i sette chakra colorati uno sotto l'altro.
Mi apre, mi dice "let's have a good start", e mi abbraccia forte e chiaro. "Make yourself at home, just relax. I'll make a cup of coffee". Sant'uomo! Tira fuori una caffettiera di quelle vere, MACINA il caffe', e aspetta che il tutto si metta a cantare sul fornello. Quando poi e' finalmente pronto mette direttamente dentro la caffettiera (come ai vecchi tempi della nonna) qualche cucchiaino di zucchero, e gira lentamente.
Lui e' grande, tanti capelli, una gran barba. Ha gli occhi azzurri, e come sapro' piu' tardi ha sangue Cherokee, scozzese e irlandese.
Iniziamo a parlare delle nostre vite, della nostra comune passione per la fisica quantistica (!!!), di Dio, del fato e del destino, dei nostri nomi spirituali e del loro senso. Lui e' Seva, io Vidya. Insieme le nostre essenze e i nostri destini da realizzare, eccoci all'incrocio delle nostre strade: Servizio e Conoscenza.
Un bel duo, non c'e' che dire.
Scendiamo nello studio, intanto.
Nella stanza c'e' di tutto, ma lui mi aveva avvertita: ho appena traslocato, quindi non pensare che io sia matto. Anzi guarda, se trovo chi ha messo tutto questo casino...
Non ti preoccupare, Seva, ci sono abituata. Sto pensando alle vostre auto, ai vostri garage, alle vostre scrivanie dove e' impossibile poggiare alcunche'... Tutto nella norma, a parte le grandi immagini sacre alle pareti, alcune deita' indu', ed una bellissima atmosfera di pace, serenita', Coscienza.
Il lavoro di Seva invece si fa subito febbrile.
Batte i polpastrelli sulla tastiera, veloce, il viso proteso in avanti verso lo schermo. Manda in loop un punto, io cerco di capire, cerco di sentire perche', ma non sento nulla. Chiedo cosa sente lui. Oh, sai, e' un timbro strano di una nota del contrabbasso mentre voi due fiati andate su... Ma ora lo aggiusto. Devo equalizzare tutto a partire da questo punto centrale, altrimenti e' da qui che il suono generale si confonde.
Me lo aveva detto, Allen, che Seva e' un genio assoluto. Me lo aveva descritto cosi', e cosi' e'.
Mentre lavora sembra distratto, nel senso che ascolta con molta attenzione cio' che dici e ti racconta anche un sacco di cose della sua vita, di quello che pensa della musica, della voce, del suono... Poi improvvisamente si gira verso la musica che nel frattempo sta continuando ad andare, nell'impianto (megagalattico) e sul computer, e Seva non c'e' piu', scompare, diviene quasi evanescente. Senti solo il suo velocissimo ticchettio sui tasti, e le note in loop, cento volte, mille volte, finche' lui non sente che e' tutto ok. Poi, dal nulla dov'era stato, riemerge e continua il discorso interrotto, come se fosse andato un attimo nell'iperspazio e gia' tornato, in un altro millisecondo che magari e' un'eternita'.
Fantastico.
E come se non bastasse, improvvisamente si ferma, e mi spiega.
Mi dona, semplicemente e senza preamboli, una appassionata lezione su come far suonare bene il contrabbasso, per via della sua speciale lunghezza d'onda che ha bisogno di molto spazio (semplicemente perche' vivendo a una frequenza bassa, e' lenta). Mi racconta in quale modo lui equalizza il suono, in maniera cioe' da recuperare ogni volta i singoli suoni dal fondo della confusione delle riverberazioni dello spazio; in modo da "rivelare" cio' che era gia' presente, ma kind of inudibile...
Mi fa sentire i vari punti che ha appena recuperati, prima e dopo varie volte, finche' non percepisco tutte le sfumature. E in effetti il risultato e' inverosimile. Un altro disco!
"Fare di una cosa soggettiva, una cosa oggettiva: ecco su cosa lavoriamo nel mastering. Come nella meditazione: devi avere un centro da cui osservare le cose. Io le osservo dal basso. Dal contrabbasso, per essere precisi. Gli trovo il suo centro, glielo rischiaro, lo rendo nitido, ed ecco che tutto il resto si illumina...."
Poi, mentre va ad un altro brano, mi dice "that's so beautiful... It's so cute..."
Beh, e' la bellezza che ho cercato, nel costruire questo disco... Sono contenta che tu la senta. Ma non e' stato mica facile... Te lo immagini? Cos'e' la bellezza? Io mi ci sono arrovellata parecchio, e ho veramente pregato per capire... In fact, what's beauty?
...
"Honesty?" mi risponde Seva interrogativo, e dopo fa silenzio.
...
La grande differenza qui e' che sono tutti musicisti, e anche direi spesso straordinari musicisti: polistrumentisti, compositori, arrangiatori... Poi ricevono una specie di chiamata, di calling interiore, e decidono di fare i fonici, gli ingegneri del suono e del mastering...
Seva suona tastiere, compone... Mi dice che la sua musica e' un insieme di varie influenze, da Stravinski a Zappa, passando per molto altro. No wonder che click - si fermi improvvisamente su un'unica nota, che ha sentito solo lui nel grande calderone del brano che scorre via per me comune mortale, mentre e' invece per lui appeso nella curvatura del suo cielo, in infinitesimi istanti infiniti e chiaramente visibili...
Vieni, andiamo di sopra a farci un altro caffe', uno diverso. Cosi' intanto sentiamo come suona adesso la chitarra dall'altra stanza.
In cucina, mentre la macchinetta mormora le sue ebollizioni, lui mi insegna a parlare hillbilly, il dialetto stretto e incomprensibile della gente delle montagne di quassu'. Partiamo insieme in giro per l'Europa, l'Asia, il mondo, poi riscendiamo in studio con le tazzine in mano.
Accipicchia, ecco perche' non vedevo il mouse. Anche Seva, come Allen, e' mancino.
Vi diro', una certa differenza si sente: sono persone con un emisfero destro dominante, menti aperte, spalancate sullo spazio e sull'armonia piuttosto che sull'analisi e sul giudizio...
Riescono forse a percepire le sfumature perche' in emisfero destro, nella perfetta atemporalita', tutto e' solo eterno presente, e percio' estremamente chiaro, nitido, distinto?
Di sicuro hanno un modo di udire, Allen e Seva, che non ha niente di comune con tutto cio' che ho sentito finora intorno a me. Qualcosa di specifico per gli insiemi, e per mantenere la ottima qualita' e l'intellegibilita' del singolo all'interno del tutto.
"Voglio che ogni disco che esce da questo studio suoni come uno dei migliori dischi del mondo. Sai, i dischi che ci piacciono, i nostri preferiti da sempre. Perche' e' con quelli che la gente fa i confronti, no?"
Stiamo cercando di eliminare del rumore di fondo in Amazing Grace, registrata alle 5 del mattino cosi', per illuminazione, ma purtroppo dimenticando l'aria condizionata accesa durante la registrazione.
Seva isola il ronzio, lo trasforma in un sussurro inquietante, prende dalla mia voce solo la parte di respiro, e sul monitor compaiono tracce di gremlins che si inseguono. Spiego la storia delle 5 del mattino, e chiedo di tutti quei mostriciattoli che saltellano fra le tracce. Seva, serissimo, risponde "alle 5 del mattino chiudono i negozi dei gremlins. Quella e' l'ora del loro shopping migliore, si devono sbrigare".
Che bei mondi fantastici che portiamo dentro il cuore...
Poi, ripensando alla giornata, mentre sul monitor si sta affacciando la forma finale del master generale, e io ho ormai il cuore in festa, mi dice, pensoso: "in realta' io lavoro semplicemente come un buon sarto. Faccio aggiustamenti qua e la', non uno solo, magari quattro o cinque. Poi alla fine mica lo puoi veramente dire cosa ho cambiato. Pero' il vestito e' pronto, e cade a pennello..."
Gurudev, suo figlio, si affaccia alla porta, e mi saluta. Porta i capelli biondi lunghissimi nascosti sotto un bel copricapo da pirata. Maglietta e calzoncini, e delle scarpe con le lucine che si accendono colorate a intermittenza. Mi invita a seguirlo in giardino, e mi mostra trionfante una preziosa aiuola di trifogli. QUADRIFOGLI, per l'esattezza, a manciate. Me ne coglie alcuni, e me li porge. "Si', Gurudev, dice Seva, offrigliene qualcuno: i cantanti hanno sempre bisogno di un po' di fortuna".
Mi guarda serio ma come luminoso, e sento la meravigliosa gravita' del momento attraverso i suoi occhi: mi siedo ferma ferma davanti al monitor che traccia i segnali. Guardiamo solennemente insieme brano dopo brano, che non ci siano clipping. Amo Allen che mi fa sentire davvero importante. Mi batte forte il cuore. Molto forte.
Mercoledi' mattina, ore 9 meno dieci. Suono alla porta di Seva, anche se sono in anticipo. Davanti a me e' appeso un grande pannello con i sette chakra colorati uno sotto l'altro.
Mi apre, mi dice "let's have a good start", e mi abbraccia forte e chiaro. "Make yourself at home, just relax. I'll make a cup of coffee". Sant'uomo! Tira fuori una caffettiera di quelle vere, MACINA il caffe', e aspetta che il tutto si metta a cantare sul fornello. Quando poi e' finalmente pronto mette direttamente dentro la caffettiera (come ai vecchi tempi della nonna) qualche cucchiaino di zucchero, e gira lentamente.
Lui e' grande, tanti capelli, una gran barba. Ha gli occhi azzurri, e come sapro' piu' tardi ha sangue Cherokee, scozzese e irlandese.
Iniziamo a parlare delle nostre vite, della nostra comune passione per la fisica quantistica (!!!), di Dio, del fato e del destino, dei nostri nomi spirituali e del loro senso. Lui e' Seva, io Vidya. Insieme le nostre essenze e i nostri destini da realizzare, eccoci all'incrocio delle nostre strade: Servizio e Conoscenza.
Un bel duo, non c'e' che dire.
Scendiamo nello studio, intanto.
Nella stanza c'e' di tutto, ma lui mi aveva avvertita: ho appena traslocato, quindi non pensare che io sia matto. Anzi guarda, se trovo chi ha messo tutto questo casino...
Non ti preoccupare, Seva, ci sono abituata. Sto pensando alle vostre auto, ai vostri garage, alle vostre scrivanie dove e' impossibile poggiare alcunche'... Tutto nella norma, a parte le grandi immagini sacre alle pareti, alcune deita' indu', ed una bellissima atmosfera di pace, serenita', Coscienza.
Il lavoro di Seva invece si fa subito febbrile.
Batte i polpastrelli sulla tastiera, veloce, il viso proteso in avanti verso lo schermo. Manda in loop un punto, io cerco di capire, cerco di sentire perche', ma non sento nulla. Chiedo cosa sente lui. Oh, sai, e' un timbro strano di una nota del contrabbasso mentre voi due fiati andate su... Ma ora lo aggiusto. Devo equalizzare tutto a partire da questo punto centrale, altrimenti e' da qui che il suono generale si confonde.
Me lo aveva detto, Allen, che Seva e' un genio assoluto. Me lo aveva descritto cosi', e cosi' e'.
Mentre lavora sembra distratto, nel senso che ascolta con molta attenzione cio' che dici e ti racconta anche un sacco di cose della sua vita, di quello che pensa della musica, della voce, del suono... Poi improvvisamente si gira verso la musica che nel frattempo sta continuando ad andare, nell'impianto (megagalattico) e sul computer, e Seva non c'e' piu', scompare, diviene quasi evanescente. Senti solo il suo velocissimo ticchettio sui tasti, e le note in loop, cento volte, mille volte, finche' lui non sente che e' tutto ok. Poi, dal nulla dov'era stato, riemerge e continua il discorso interrotto, come se fosse andato un attimo nell'iperspazio e gia' tornato, in un altro millisecondo che magari e' un'eternita'.
Fantastico.
E come se non bastasse, improvvisamente si ferma, e mi spiega.
Mi dona, semplicemente e senza preamboli, una appassionata lezione su come far suonare bene il contrabbasso, per via della sua speciale lunghezza d'onda che ha bisogno di molto spazio (semplicemente perche' vivendo a una frequenza bassa, e' lenta). Mi racconta in quale modo lui equalizza il suono, in maniera cioe' da recuperare ogni volta i singoli suoni dal fondo della confusione delle riverberazioni dello spazio; in modo da "rivelare" cio' che era gia' presente, ma kind of inudibile...
Mi fa sentire i vari punti che ha appena recuperati, prima e dopo varie volte, finche' non percepisco tutte le sfumature. E in effetti il risultato e' inverosimile. Un altro disco!
"Fare di una cosa soggettiva, una cosa oggettiva: ecco su cosa lavoriamo nel mastering. Come nella meditazione: devi avere un centro da cui osservare le cose. Io le osservo dal basso. Dal contrabbasso, per essere precisi. Gli trovo il suo centro, glielo rischiaro, lo rendo nitido, ed ecco che tutto il resto si illumina...."
Poi, mentre va ad un altro brano, mi dice "that's so beautiful... It's so cute..."
Beh, e' la bellezza che ho cercato, nel costruire questo disco... Sono contenta che tu la senta. Ma non e' stato mica facile... Te lo immagini? Cos'e' la bellezza? Io mi ci sono arrovellata parecchio, e ho veramente pregato per capire... In fact, what's beauty?
...
"Honesty?" mi risponde Seva interrogativo, e dopo fa silenzio.
...
La grande differenza qui e' che sono tutti musicisti, e anche direi spesso straordinari musicisti: polistrumentisti, compositori, arrangiatori... Poi ricevono una specie di chiamata, di calling interiore, e decidono di fare i fonici, gli ingegneri del suono e del mastering...
Seva suona tastiere, compone... Mi dice che la sua musica e' un insieme di varie influenze, da Stravinski a Zappa, passando per molto altro. No wonder che click - si fermi improvvisamente su un'unica nota, che ha sentito solo lui nel grande calderone del brano che scorre via per me comune mortale, mentre e' invece per lui appeso nella curvatura del suo cielo, in infinitesimi istanti infiniti e chiaramente visibili...
Vieni, andiamo di sopra a farci un altro caffe', uno diverso. Cosi' intanto sentiamo come suona adesso la chitarra dall'altra stanza.
In cucina, mentre la macchinetta mormora le sue ebollizioni, lui mi insegna a parlare hillbilly, il dialetto stretto e incomprensibile della gente delle montagne di quassu'. Partiamo insieme in giro per l'Europa, l'Asia, il mondo, poi riscendiamo in studio con le tazzine in mano.
Accipicchia, ecco perche' non vedevo il mouse. Anche Seva, come Allen, e' mancino.
Vi diro', una certa differenza si sente: sono persone con un emisfero destro dominante, menti aperte, spalancate sullo spazio e sull'armonia piuttosto che sull'analisi e sul giudizio...
Riescono forse a percepire le sfumature perche' in emisfero destro, nella perfetta atemporalita', tutto e' solo eterno presente, e percio' estremamente chiaro, nitido, distinto?
Di sicuro hanno un modo di udire, Allen e Seva, che non ha niente di comune con tutto cio' che ho sentito finora intorno a me. Qualcosa di specifico per gli insiemi, e per mantenere la ottima qualita' e l'intellegibilita' del singolo all'interno del tutto.
"Voglio che ogni disco che esce da questo studio suoni come uno dei migliori dischi del mondo. Sai, i dischi che ci piacciono, i nostri preferiti da sempre. Perche' e' con quelli che la gente fa i confronti, no?"
Stiamo cercando di eliminare del rumore di fondo in Amazing Grace, registrata alle 5 del mattino cosi', per illuminazione, ma purtroppo dimenticando l'aria condizionata accesa durante la registrazione.
Seva isola il ronzio, lo trasforma in un sussurro inquietante, prende dalla mia voce solo la parte di respiro, e sul monitor compaiono tracce di gremlins che si inseguono. Spiego la storia delle 5 del mattino, e chiedo di tutti quei mostriciattoli che saltellano fra le tracce. Seva, serissimo, risponde "alle 5 del mattino chiudono i negozi dei gremlins. Quella e' l'ora del loro shopping migliore, si devono sbrigare".
Che bei mondi fantastici che portiamo dentro il cuore...
Poi, ripensando alla giornata, mentre sul monitor si sta affacciando la forma finale del master generale, e io ho ormai il cuore in festa, mi dice, pensoso: "in realta' io lavoro semplicemente come un buon sarto. Faccio aggiustamenti qua e la', non uno solo, magari quattro o cinque. Poi alla fine mica lo puoi veramente dire cosa ho cambiato. Pero' il vestito e' pronto, e cade a pennello..."
Gurudev, suo figlio, si affaccia alla porta, e mi saluta. Porta i capelli biondi lunghissimi nascosti sotto un bel copricapo da pirata. Maglietta e calzoncini, e delle scarpe con le lucine che si accendono colorate a intermittenza. Mi invita a seguirlo in giardino, e mi mostra trionfante una preziosa aiuola di trifogli. QUADRIFOGLI, per l'esattezza, a manciate. Me ne coglie alcuni, e me li porge. "Si', Gurudev, dice Seva, offrigliene qualcuno: i cantanti hanno sempre bisogno di un po' di fortuna".