martedì, novembre 30, 2004
Unione Europea
Ieri sera prima rimpatriata: ho rivisto Lucia, Alfredo, Julie, Julien, Zoé.
Alfredo riparte il 20 per l'Italia, Lucia il 13, proprio un giorno dopo di me. Abbiamo pasteggiato a cioccolato e limoncello, mentre Julien era in adorazione davanti al caffè 100% arabica che ho portato (non voglio però fare pubblicità alla marca)...
Abbiamo fatto un pò di programmi di uscite per i prossimi giorni, jazzclubs ma anche passeggiate io e Julie, shopping e qualche caffè european wannabee.
Per il resto, oggi piove, e io mi accingo a cominciare la mia lunga giornata di studio. Ho letto il messaggio di Romina nel guestbook, ma qui oltre alla scarpa ginnica e alla maglietta rigorosamente ampia e arancione della squadra locale di football non è che ci sia molto da indossare... A meno che io non mi faccia coraggio e non inizi a provare gli abiti e i cappelli di un paio di boutiques veramente improbabili che ho qui vicino.
Mai visto colori e forme così. Soprattutto: assemblati così. E mai visto soprattutto questo tipo di taglio, quanto di meno indossabile, quanto di più deformante: vestiti taglio matita, scarpe a pinna, maglioni e giacche con disegni '70 e bottoni '60, da avvitare se possibile con cinture punk.
Quasi quasi mi viene voglia di provare. Ve l'ho detto che sto scoprendo il mio lato oscuro...
...Vado a fare colazione col muffin alla banana, il caffè lungo e il cheddar arancione. Sì, come le T-shirts del Tennessee.
Alfredo riparte il 20 per l'Italia, Lucia il 13, proprio un giorno dopo di me. Abbiamo pasteggiato a cioccolato e limoncello, mentre Julien era in adorazione davanti al caffè 100% arabica che ho portato (non voglio però fare pubblicità alla marca)...
Abbiamo fatto un pò di programmi di uscite per i prossimi giorni, jazzclubs ma anche passeggiate io e Julie, shopping e qualche caffè european wannabee.
Per il resto, oggi piove, e io mi accingo a cominciare la mia lunga giornata di studio. Ho letto il messaggio di Romina nel guestbook, ma qui oltre alla scarpa ginnica e alla maglietta rigorosamente ampia e arancione della squadra locale di football non è che ci sia molto da indossare... A meno che io non mi faccia coraggio e non inizi a provare gli abiti e i cappelli di un paio di boutiques veramente improbabili che ho qui vicino.
Mai visto colori e forme così. Soprattutto: assemblati così. E mai visto soprattutto questo tipo di taglio, quanto di meno indossabile, quanto di più deformante: vestiti taglio matita, scarpe a pinna, maglioni e giacche con disegni '70 e bottoni '60, da avvitare se possibile con cinture punk.
Quasi quasi mi viene voglia di provare. Ve l'ho detto che sto scoprendo il mio lato oscuro...
...Vado a fare colazione col muffin alla banana, il caffè lungo e il cheddar arancione. Sì, come le T-shirts del Tennessee.
lunedì, novembre 29, 2004
Server busy
E io che stavolta volevo postare in puro stile blog, cioè breve e conciso!
Da ieri pomeriggio non riuscivo ad avere accesso al dashboard, e la mia idea/immagine premeva inutilmente sui tasti bianchi del mio Mac per farsi largo nel web...
In pochi giorni gli alberi si sono spogliati dei loro mille colori, e giacciono sullo sfondo del cielo, senza forma. Ora sono nudi e intirizziti, ma nell' azzurro profondo che stagliava i rossi e i gialli sono arrivate le nuvole.
Così ora gli alberi hanno come fogliame di nubi, di nebbia, e di neve.
That's all.
Da ieri pomeriggio non riuscivo ad avere accesso al dashboard, e la mia idea/immagine premeva inutilmente sui tasti bianchi del mio Mac per farsi largo nel web...
In pochi giorni gli alberi si sono spogliati dei loro mille colori, e giacciono sullo sfondo del cielo, senza forma. Ora sono nudi e intirizziti, ma nell' azzurro profondo che stagliava i rossi e i gialli sono arrivate le nuvole.
Così ora gli alberi hanno come fogliame di nubi, di nebbia, e di neve.
That's all.
sabato, novembre 27, 2004
Americanate
Ieri era una giornata just splendida.
Un sole splendente in un cielo perfettamente azzurro e sgombro, un’arietta frizzante di quelle che da noi chiamiamo di tramontana, di quelle con l’odore del freddo che fa risaltare tutti gli altri odori e li rende più nitidi: come si stagliavano le Smokey Mountains sull’orizzonte, così nel freddo dell’aria si sentivano chiari e distinti i prati sempre verdi, la terra, le foglie secche, il legno rotto dei rami caduti dagli alberi spogli, i fiori d’inverno dai colori incredibili, il muschio, la rugiada ancora ghiacciata sull’erba e sui vetri delle finestre appannate da dentro.
“Guarda come sta bene il rosso delle foglie di quell’albero con quello dell’insegna della Texaco! Proprio uguali…”
Si fa conversazione, in una giornata così. Allora per non sentirmi imbarazzata butto lì un “giornata splendida, eh? Quanto si sta bene…” intendevo: all’aria aperta. “Oh yes! The perfect day for driving”.
Al West Town Mall vendono un “automatic glasses cleaner”, ci poggi dentro gli occhiali, richiudi il coperchio specchiato e quando riapri l’oggetto gli occhiali escono splendenti come fuori dalla fabbrica, praticamente come al car wash. Al supermercato BI-LO ho trovato un fondamentale “mug warmer”, ci piazzi sopra il tuo mug di caffè caldo, poggi il tutto sulla scrivania, metti la spina e il caffè ti rimane caldo per tutte le ore che passi al computer. Un po’ dovunque trovo, sugli stessi scaffali dove un mese fa c’erano quelli di Halloween, berretti da Babbo Natale; al posto delle zucche luminose e delle facce da fantasma, ecco fantastiche corna di alce luminescenti montate su cerchietti per capelli, meravigliose sculture di ghiaccio in plastica trasparente, da mettere fuori nella neve per fare Natale, e boxer da uomo cresciuto, con le slitte e gli orsetti.
I supermercati e i centri commerciali la notte dopo Thanksgiving hanno aperto alle 2 del mattino, per i saldi.
Wow, corriamo a comprare.
Un sole splendente in un cielo perfettamente azzurro e sgombro, un’arietta frizzante di quelle che da noi chiamiamo di tramontana, di quelle con l’odore del freddo che fa risaltare tutti gli altri odori e li rende più nitidi: come si stagliavano le Smokey Mountains sull’orizzonte, così nel freddo dell’aria si sentivano chiari e distinti i prati sempre verdi, la terra, le foglie secche, il legno rotto dei rami caduti dagli alberi spogli, i fiori d’inverno dai colori incredibili, il muschio, la rugiada ancora ghiacciata sull’erba e sui vetri delle finestre appannate da dentro.
“Guarda come sta bene il rosso delle foglie di quell’albero con quello dell’insegna della Texaco! Proprio uguali…”
Si fa conversazione, in una giornata così. Allora per non sentirmi imbarazzata butto lì un “giornata splendida, eh? Quanto si sta bene…” intendevo: all’aria aperta. “Oh yes! The perfect day for driving”.
Al West Town Mall vendono un “automatic glasses cleaner”, ci poggi dentro gli occhiali, richiudi il coperchio specchiato e quando riapri l’oggetto gli occhiali escono splendenti come fuori dalla fabbrica, praticamente come al car wash. Al supermercato BI-LO ho trovato un fondamentale “mug warmer”, ci piazzi sopra il tuo mug di caffè caldo, poggi il tutto sulla scrivania, metti la spina e il caffè ti rimane caldo per tutte le ore che passi al computer. Un po’ dovunque trovo, sugli stessi scaffali dove un mese fa c’erano quelli di Halloween, berretti da Babbo Natale; al posto delle zucche luminose e delle facce da fantasma, ecco fantastiche corna di alce luminescenti montate su cerchietti per capelli, meravigliose sculture di ghiaccio in plastica trasparente, da mettere fuori nella neve per fare Natale, e boxer da uomo cresciuto, con le slitte e gli orsetti.
I supermercati e i centri commerciali la notte dopo Thanksgiving hanno aperto alle 2 del mattino, per i saldi.
Wow, corriamo a comprare.
giovedì, novembre 25, 2004
Il Giorno del Tacchino
Eccomi qua, nel Giorno del Povero Tacchino: oggi è Thanksgiving, tutti preparano manicaretti truculenti ed io, vegetariana DOC, mi installo giustamente nella mia sede americana intingendo baby carrots e sedani nel salad dressing di turno, che per l'occasione è divenuto un salad dipping.
Sono appena tornata con la spesa, così metto a posto la stanza e il frigorifero fra un morso e l'altro, bevendo caffè lungo dal mug con un babbo natale e le sue renne.
Avete presente? Mi lecco le dita velocemente mentre guardo altrove, scrivo un appunto e lo appiccico sulla finestra a ghigliottina, riintingo distratta il pezzetto di cavolfiore crudo (qui usa così per appetizer) nel vasetto del dressing, mi asciugo accartocciando il tovagliolino di carta, sposto un mobile, apro e chiudo un cassetto mentre ci fiondo dentro un paio di calzini arrotolati, rivado di carotina al blue cheese, sistemo una pila di spartiti e quaderni, bevo un sorso di caffè, collego il computer alla presa di corrente, adesso c'è il sedano ma mi casca il dressing sul tavolino e devo asciugarlo, poi sistemo i fiori nel vaso...
...La valigia è arrivata stamattina con su scritto rosso e grosso RUSH RUSH (cos'è, autoironia?), io ieri sera senza pigiama né spazzolino. Me l'hanno pure aperta, c'era dentro il classico biglietto firmato ci scusi, polizia.
All'aereoporto di Knoxville mi è corsa incontro la piccola Zoé già cresciutissima in due soli mesi, lasciando indietro i genitori Julie e Julien. Zoé adesso parla benino, mi chiama correttamente Fabritsià e vuole da me che io canti nel suo microfono personale Someday My Prince Will Come.
E' diventato un must, me l'ha chiesto appena ci siamo date il primo baciotto a schiocco. Felice come una Pasqua si è così immersa dall'abbraccio primario direttamente nei natalizi baci Perugina che le ho portato, ed in pochi secondi era una bellissima maschera di cioccolato, altro che soli baffi.
No problem, la cosa che ha fatto immediatamente dopo è stata mostrarmi entusiasticamente come balla bene la breakdance, rotolandosi ed avvolgendosi sulla moquette dell'aereoporto, da vera campionessa free style.
Abbiamo tentato con nonchalance una veloce pulizia con un kleenex di fortuna, ma con quali risultati non saprei...
Tre ore di ritardo ci avevo, meno male che i Langou li avevo avvisati telefonando da Cincinnati con la Courtesy Card da cinque minuti di conversazione che la Delta offre gratis ai clienti scusandosi per any inconvenience. In compenso proprio a Cincinnati avevo già avuto diritto ad una abbondante mezz'ora in più al controllo passaporti, con tanto di perquisizione totale del bagaglio e domande minacciose. Ovvio: con tutta la strumentazione che ho, e soprattutto con sul passaporto la traccia del mio precedente soggiorno lungo, a così poca distanza di tempo quest'altro ritorno...
W il Paese della Libertà.
Bah.
Cioè: sembra incredibile a tutti che io (ma sembro una tipa così normale? Ci ho pure di nuovo le treccine!), proprio io, possa volermi prendere una vacanza lunga e per di più reiterata, e anche potermela permettere. Sembra assolutamente assurdo che io me ne stia in vacanza a diecimila chilometri da casa mia ma con un intero ufficio/sala di registrazione in valigia.
Forse dovrei aver su collane di diamanti? Sette-otto carte di credito nel portafogli? Cos'altro, per aver diritto a fare il mio mestiere, che è quello di creare, andando in giro per il mondo in cerca di ispirazione?!?
Che palle.
Qual'è la linea di demarcazione? Dov'è che si diventa così Vip da non dover più giustificare la propria presenza, né tantomeno la propria assenza...?!?
In ogni caso, l'America puzza decisamente di fritto.
Con ancora nel naso l'ottimo effluvio di caffè che sovrasta ogni cosa al duty free di Roma, eccomi a Cincinnati accolta dall'odore buono e giusto dei vari fast food. Scelgo quello apparentemente meno inquietante, un cinese, e mi faccio un piatto di riso bianco e tofu con verdure. Una Pepsi, grazie. No, l'involtino primavera no. Lo so che è vegetariano, ma quello che sanno in pochi è che ci mettono quasi tutti un pò di carne nascosta, per dare gusto.
La salsa agrodolce ha un colore pericolosissimo.
Il sapore - aaah - è anche peggiore.
Comunque sia, passo il tempo, mando sms, mi guardo intorno.
Stewarts bellissimi, altissimi, palestratissimi mangiano qui anche loro, e hostess leggiadre col fisico da indossatrice e la faccia da hollywood. Siam tutti qui col bagaglio a mano su rotelle, le buste dei duty free, l'ingombro dei cappotti larghi e delle lunghe sciarpe... Puzzeremo tutti immancabilmente, uscendo, ma tanto non ci distingueremo mai più dal resto dell'ambiente. Guardo sconsolata "Sue venirs", la boutique dei ricordini di lusso made in China, e penso a Dior e Cartier, a Cacharel, a Yves Saint Laurent e Givenchy...
No, non amo e non uso i profumi italiani.
...Dove ho messo lo spray dell'eau de parfum? Cavolo, è in valigia, quella grande che non è con me...
Qui c'è un casino infernale, tutti che partono in vacanza, e in più ore di ritardo su tutti i voli per via di "severe storms" un pò dovunque. Quando finalmente mi imbarco, con appunto 3 ore di ritardo, la hostess ci avverte che balleremo parecchio, e di "stay calm: it will probably be a bumpy flight..."
Ah, beh, beh.
La notte in aereo è affascinante.
I mean: è affascinante sempre, ma dall'aereo è forse più mistica.
Le città e le strade sembrano vie lattee, galassie rotanti gli svincoli delle highways. Si vedono gli occhi delle auto in fila brillare ad intervalli brevi come lo scintillio delle stelle. L'orizzonte è fatto di lucciole, e le nubi sembrano bambagia casuale e ingiallita sparsa su un presepe buio, di quelli delle chiese coi lumini e pochi personaggi, poche case...
Mi disturba un pò l'odore del vomito dei passeggeri precedenti, quelli sì che l'hanno presa la turbolenza, se è stato così difficile lavarla via dai sedili... Forse per questo, fantastico drogata dalla fatica e dal jet lag (volente o nolente, per il mio corpo è passata da un pò la mezzanotte, e io mi sono alzata alle cinque con due ore di sonno soltanto), forse per questo ritardavano continuamente l'arrivo del nostro aereo al gate... Lo stavano pulendo, lo stavano.
Meno male hanno spento le luci interne, si è fatto proprio buio, qui. Il mio vicino chiacchiera incessantemente con l'unica hostess di questo piccolissimo aereo: o si conoscono da tempo o sta tentando il rimorchio.
Più probabile il rimorchio.
Tutti tranquilli, gli altri, e non si balla quasi per niente. Tutti tranquilli nel buio, qualcuno legge col lumino direzionato, loro chiacchierano chiacchierano chiacchierano... Quarantacinque minuti di volo, io dormo.
Insomma il resto lo sapete, Julien e Julie mi hanno amorevolmente riportata a casa, dove Betsy mi aveva preparato una vegetarian pizza di Kroger, surgelata ma rivista e corretta con formaggio e peperoncino in aggiunta. Oh yeah, mentre parliamo me ne mangio una fetta. Anzi no, due: in fondo, è quasi buona, in a way.
Devo avere un certo gusto dell'orrido nascosto, oppure è vera la cosa che nel cibo mettono roba che stimola gli ormoni del piacere e crea dipendenza.
Oggi da Kroger ho resistito al ketchup, ma non al dipping. Ai biscotti colorati, ma non ai cereali alla banana. Ai muffin al cioccolato, ma non a quelli doppia panna e mirtilli giganti. Ai tostitos e alle noccioline miste, ma non ai fagioli cotti nello zucchero di canna. Al burro salato e a quello di noccioline, ma non all'honey whole wheat bread... Ho fatto la carta sconti Kroger e ho risparmiato 6,79 dollari, ma ne ho spesi 107, 38. Con la carta telefonica che ho acquistato ho chiamato la mamma, quella che nel mio ultimo soggiorno a un certo punto avevo dimenticato di avere. Era contenta e sorpresa, non se l'aspettava, ed è stata incredibilmente gioiosa, sostenente e positiva. Ok, il primo giorno stava andando bene.
Stasera minitacchino dai Coker, dopo aver aiutato Betsy a preparare il suo, gigantesco. Evidentemente la gente non si rende conto che a farmi tenere un tacchino morto in braccio e a farmene versare il sangue nel lavandino io rischio tutto il vomito che non ho espresso ieri durante il volo intercontinentale. Questo lato del vegetarianesimo rimane evidentemente oscuro ai più. Il tacchino di Betsy era una meraviglia di tecnologia, ci aveva inserita nel petto una valvola di plastica che quando fosse venuta su avrebbe indicato che il suddetto animale era pronto ad essere servito. Il problema è stato dover versare il sugo in un altro contenitore, perché il tacchino pesava un quintale e io non riuscivo a tirarlo su dalla teglia. Allora l'ho pietosamente coperto col coperchio stile bara (no voi non immaginate la grandezza di un tacchino grande, né la forma della pentola che ci vuole per metterlo in forno, né il forno stesso), e prendendo a due mani il coraggio e il pentolone insieme, ho versato da lì alla cieca in una insalatiera. Volevo morì.
Mi ha anche ricordato la scena del pentolone di sangue in Nòi Albinòi.
Io con i Coker ho brindato, ho mangiato l'insalata e le patate con il cinnamon e il burro, e lo stuffing del tacchino, senza il tacchino intorno perché loro lo stuffing non ce l'avevano messo dentro, ma lo avevano preparato a parte. Abbiam parlato di musica tutta la sera, e di quando David Baker aveva sentito Coltrane studiare le sole scale maggiori per tredici ore di fila senza fermarsi mai, prima di un concerto.
Vado a letto ora, per voi sono le 5 e 44 del mattino del 26 novembre, per me non ancora la mezzanotte del Thanksgiving.
Sono appena tornata con la spesa, così metto a posto la stanza e il frigorifero fra un morso e l'altro, bevendo caffè lungo dal mug con un babbo natale e le sue renne.
Avete presente? Mi lecco le dita velocemente mentre guardo altrove, scrivo un appunto e lo appiccico sulla finestra a ghigliottina, riintingo distratta il pezzetto di cavolfiore crudo (qui usa così per appetizer) nel vasetto del dressing, mi asciugo accartocciando il tovagliolino di carta, sposto un mobile, apro e chiudo un cassetto mentre ci fiondo dentro un paio di calzini arrotolati, rivado di carotina al blue cheese, sistemo una pila di spartiti e quaderni, bevo un sorso di caffè, collego il computer alla presa di corrente, adesso c'è il sedano ma mi casca il dressing sul tavolino e devo asciugarlo, poi sistemo i fiori nel vaso...
...La valigia è arrivata stamattina con su scritto rosso e grosso RUSH RUSH (cos'è, autoironia?), io ieri sera senza pigiama né spazzolino. Me l'hanno pure aperta, c'era dentro il classico biglietto firmato ci scusi, polizia.
All'aereoporto di Knoxville mi è corsa incontro la piccola Zoé già cresciutissima in due soli mesi, lasciando indietro i genitori Julie e Julien. Zoé adesso parla benino, mi chiama correttamente Fabritsià e vuole da me che io canti nel suo microfono personale Someday My Prince Will Come.
E' diventato un must, me l'ha chiesto appena ci siamo date il primo baciotto a schiocco. Felice come una Pasqua si è così immersa dall'abbraccio primario direttamente nei natalizi baci Perugina che le ho portato, ed in pochi secondi era una bellissima maschera di cioccolato, altro che soli baffi.
No problem, la cosa che ha fatto immediatamente dopo è stata mostrarmi entusiasticamente come balla bene la breakdance, rotolandosi ed avvolgendosi sulla moquette dell'aereoporto, da vera campionessa free style.
Abbiamo tentato con nonchalance una veloce pulizia con un kleenex di fortuna, ma con quali risultati non saprei...
Tre ore di ritardo ci avevo, meno male che i Langou li avevo avvisati telefonando da Cincinnati con la Courtesy Card da cinque minuti di conversazione che la Delta offre gratis ai clienti scusandosi per any inconvenience. In compenso proprio a Cincinnati avevo già avuto diritto ad una abbondante mezz'ora in più al controllo passaporti, con tanto di perquisizione totale del bagaglio e domande minacciose. Ovvio: con tutta la strumentazione che ho, e soprattutto con sul passaporto la traccia del mio precedente soggiorno lungo, a così poca distanza di tempo quest'altro ritorno...
W il Paese della Libertà.
Bah.
Cioè: sembra incredibile a tutti che io (ma sembro una tipa così normale? Ci ho pure di nuovo le treccine!), proprio io, possa volermi prendere una vacanza lunga e per di più reiterata, e anche potermela permettere. Sembra assolutamente assurdo che io me ne stia in vacanza a diecimila chilometri da casa mia ma con un intero ufficio/sala di registrazione in valigia.
Forse dovrei aver su collane di diamanti? Sette-otto carte di credito nel portafogli? Cos'altro, per aver diritto a fare il mio mestiere, che è quello di creare, andando in giro per il mondo in cerca di ispirazione?!?
Che palle.
Qual'è la linea di demarcazione? Dov'è che si diventa così Vip da non dover più giustificare la propria presenza, né tantomeno la propria assenza...?!?
In ogni caso, l'America puzza decisamente di fritto.
Con ancora nel naso l'ottimo effluvio di caffè che sovrasta ogni cosa al duty free di Roma, eccomi a Cincinnati accolta dall'odore buono e giusto dei vari fast food. Scelgo quello apparentemente meno inquietante, un cinese, e mi faccio un piatto di riso bianco e tofu con verdure. Una Pepsi, grazie. No, l'involtino primavera no. Lo so che è vegetariano, ma quello che sanno in pochi è che ci mettono quasi tutti un pò di carne nascosta, per dare gusto.
La salsa agrodolce ha un colore pericolosissimo.
Il sapore - aaah - è anche peggiore.
Comunque sia, passo il tempo, mando sms, mi guardo intorno.
Stewarts bellissimi, altissimi, palestratissimi mangiano qui anche loro, e hostess leggiadre col fisico da indossatrice e la faccia da hollywood. Siam tutti qui col bagaglio a mano su rotelle, le buste dei duty free, l'ingombro dei cappotti larghi e delle lunghe sciarpe... Puzzeremo tutti immancabilmente, uscendo, ma tanto non ci distingueremo mai più dal resto dell'ambiente. Guardo sconsolata "Sue venirs", la boutique dei ricordini di lusso made in China, e penso a Dior e Cartier, a Cacharel, a Yves Saint Laurent e Givenchy...
No, non amo e non uso i profumi italiani.
...Dove ho messo lo spray dell'eau de parfum? Cavolo, è in valigia, quella grande che non è con me...
Qui c'è un casino infernale, tutti che partono in vacanza, e in più ore di ritardo su tutti i voli per via di "severe storms" un pò dovunque. Quando finalmente mi imbarco, con appunto 3 ore di ritardo, la hostess ci avverte che balleremo parecchio, e di "stay calm: it will probably be a bumpy flight..."
Ah, beh, beh.
La notte in aereo è affascinante.
I mean: è affascinante sempre, ma dall'aereo è forse più mistica.
Le città e le strade sembrano vie lattee, galassie rotanti gli svincoli delle highways. Si vedono gli occhi delle auto in fila brillare ad intervalli brevi come lo scintillio delle stelle. L'orizzonte è fatto di lucciole, e le nubi sembrano bambagia casuale e ingiallita sparsa su un presepe buio, di quelli delle chiese coi lumini e pochi personaggi, poche case...
Mi disturba un pò l'odore del vomito dei passeggeri precedenti, quelli sì che l'hanno presa la turbolenza, se è stato così difficile lavarla via dai sedili... Forse per questo, fantastico drogata dalla fatica e dal jet lag (volente o nolente, per il mio corpo è passata da un pò la mezzanotte, e io mi sono alzata alle cinque con due ore di sonno soltanto), forse per questo ritardavano continuamente l'arrivo del nostro aereo al gate... Lo stavano pulendo, lo stavano.
Meno male hanno spento le luci interne, si è fatto proprio buio, qui. Il mio vicino chiacchiera incessantemente con l'unica hostess di questo piccolissimo aereo: o si conoscono da tempo o sta tentando il rimorchio.
Più probabile il rimorchio.
Tutti tranquilli, gli altri, e non si balla quasi per niente. Tutti tranquilli nel buio, qualcuno legge col lumino direzionato, loro chiacchierano chiacchierano chiacchierano... Quarantacinque minuti di volo, io dormo.
Insomma il resto lo sapete, Julien e Julie mi hanno amorevolmente riportata a casa, dove Betsy mi aveva preparato una vegetarian pizza di Kroger, surgelata ma rivista e corretta con formaggio e peperoncino in aggiunta. Oh yeah, mentre parliamo me ne mangio una fetta. Anzi no, due: in fondo, è quasi buona, in a way.
Devo avere un certo gusto dell'orrido nascosto, oppure è vera la cosa che nel cibo mettono roba che stimola gli ormoni del piacere e crea dipendenza.
Oggi da Kroger ho resistito al ketchup, ma non al dipping. Ai biscotti colorati, ma non ai cereali alla banana. Ai muffin al cioccolato, ma non a quelli doppia panna e mirtilli giganti. Ai tostitos e alle noccioline miste, ma non ai fagioli cotti nello zucchero di canna. Al burro salato e a quello di noccioline, ma non all'honey whole wheat bread... Ho fatto la carta sconti Kroger e ho risparmiato 6,79 dollari, ma ne ho spesi 107, 38. Con la carta telefonica che ho acquistato ho chiamato la mamma, quella che nel mio ultimo soggiorno a un certo punto avevo dimenticato di avere. Era contenta e sorpresa, non se l'aspettava, ed è stata incredibilmente gioiosa, sostenente e positiva. Ok, il primo giorno stava andando bene.
Stasera minitacchino dai Coker, dopo aver aiutato Betsy a preparare il suo, gigantesco. Evidentemente la gente non si rende conto che a farmi tenere un tacchino morto in braccio e a farmene versare il sangue nel lavandino io rischio tutto il vomito che non ho espresso ieri durante il volo intercontinentale. Questo lato del vegetarianesimo rimane evidentemente oscuro ai più. Il tacchino di Betsy era una meraviglia di tecnologia, ci aveva inserita nel petto una valvola di plastica che quando fosse venuta su avrebbe indicato che il suddetto animale era pronto ad essere servito. Il problema è stato dover versare il sugo in un altro contenitore, perché il tacchino pesava un quintale e io non riuscivo a tirarlo su dalla teglia. Allora l'ho pietosamente coperto col coperchio stile bara (no voi non immaginate la grandezza di un tacchino grande, né la forma della pentola che ci vuole per metterlo in forno, né il forno stesso), e prendendo a due mani il coraggio e il pentolone insieme, ho versato da lì alla cieca in una insalatiera. Volevo morì.
Mi ha anche ricordato la scena del pentolone di sangue in Nòi Albinòi.
Io con i Coker ho brindato, ho mangiato l'insalata e le patate con il cinnamon e il burro, e lo stuffing del tacchino, senza il tacchino intorno perché loro lo stuffing non ce l'avevano messo dentro, ma lo avevano preparato a parte. Abbiam parlato di musica tutta la sera, e di quando David Baker aveva sentito Coltrane studiare le sole scale maggiori per tredici ore di fila senza fermarsi mai, prima di un concerto.
Vado a letto ora, per voi sono le 5 e 44 del mattino del 26 novembre, per me non ancora la mezzanotte del Thanksgiving.
mercoledì, novembre 24, 2004
W Mozart
Cara la mia Annette che mi lascia i saluti svizzero-americani come commento al mio post precedente! Bello avere notizie estemporanee così un pò da tutto il mondo! Anche i miei amici italiani in America hanno commentato il mio arrivo (beh sì per loro a Knoxville il mio è un ritorno...) qualche post fa, e io sono proprio felice di avervi, tutti quanti, nel cuore.
Allora, incredibile: la valigia è pronta, e si chiude pure facilmente.
Mai successo.
In realtà è TUTTO pronto. Tutta la mia tecnologia, software backuppati compresi, è sistemata nella valigia grande e in quella piccola, nello zaino e nel marsupio (quello rosa della Kipling con la scimmietta Olivia, ricordate?). Stavolta parto pure con un biglietto virtuale, cioè senza biglietto, col solo passaporto e i dollaroni (che soddisfazione il cambio così basso!) che traboccano dal portafogli. Speriamo non ci siano intoppi, è la mia prima partenza elettronica...
...E allora insomma tanto di dormire non se ne parla, mi alzo alle cinque ed è già l'una del mattino, io mi sto trasbordando un altro pò di musica sul computer e sull'i-pod.
Stavolta strafaccio: Il Flauto Magico e Le Nozze di Figaro, ben 5 CD della mia discoteca classica si trasferiscono in mp3 per seguirmi in America ed accompagnare le mie mattinate meditabonde, quelle col mug di caffè in mano e l'occhio perso sul prato fuori dalla finestra.
Eminem lo uso per l'aerobica.
Trane e Miles sono fissi per le mie notti insonni, e accompagnano in genere i miei post, sappiatelo. Spesso, nel buio, metto gli effetti visivi di i-tunes e mi incanto, un pò lisergica, nella produzione propria di endorfine naturali (Coltrane, First Meditations, provare per credere, o in alternativa My funny Valentine di Miles Davis, o ancora l'intramontabile Kind of Blue).
...Ok, ok, vi lascio.
Sono emozionatissima.
Non sto nella pelle di viaggiare nuovamente.
L'odore dell'aereoporto, l'odore del carburante.
I passi felpati nel duty free, il cigolìo delle rotelle del bagaglio a mano, gli annunci sempre duplicati che si incrociano nei corridoi, il sapone rosa delle toilettes e gli acquisti inverosimili dell'ultimo momento.
Le ultime telefonate prima del silenzio stampa dell'imbarco.
L'attesa della chiamata al gate un pò come quella per gli appelli degli esami all'università.
Link, mi serve una linea libera. Dov'è la Nabucco? Qui è tutto così verde....
In aereoporto mi viene sempre la fantasia di comprarmi gli occhiali da sole.
Poi non lo faccio.
Però mi sento comunque bionica. Allora faccio come il Cavaliere Inesistente di Italo Calvino, disegno figure geometriche ideali girovagando con lo sguardo fra le tappezzerie delle poltrone.
Controllo la carta d'imbarco. Sedile. Corridoio. Finestrino.
Nel non luogo delle aerostazioni c'è sempre qualche passeggero che si perde.
Io più che altro mi sa che alla fine mi ritrovo.
Allora, incredibile: la valigia è pronta, e si chiude pure facilmente.
Mai successo.
In realtà è TUTTO pronto. Tutta la mia tecnologia, software backuppati compresi, è sistemata nella valigia grande e in quella piccola, nello zaino e nel marsupio (quello rosa della Kipling con la scimmietta Olivia, ricordate?). Stavolta parto pure con un biglietto virtuale, cioè senza biglietto, col solo passaporto e i dollaroni (che soddisfazione il cambio così basso!) che traboccano dal portafogli. Speriamo non ci siano intoppi, è la mia prima partenza elettronica...
...E allora insomma tanto di dormire non se ne parla, mi alzo alle cinque ed è già l'una del mattino, io mi sto trasbordando un altro pò di musica sul computer e sull'i-pod.
Stavolta strafaccio: Il Flauto Magico e Le Nozze di Figaro, ben 5 CD della mia discoteca classica si trasferiscono in mp3 per seguirmi in America ed accompagnare le mie mattinate meditabonde, quelle col mug di caffè in mano e l'occhio perso sul prato fuori dalla finestra.
Eminem lo uso per l'aerobica.
Trane e Miles sono fissi per le mie notti insonni, e accompagnano in genere i miei post, sappiatelo. Spesso, nel buio, metto gli effetti visivi di i-tunes e mi incanto, un pò lisergica, nella produzione propria di endorfine naturali (Coltrane, First Meditations, provare per credere, o in alternativa My funny Valentine di Miles Davis, o ancora l'intramontabile Kind of Blue).
...Ok, ok, vi lascio.
Sono emozionatissima.
Non sto nella pelle di viaggiare nuovamente.
L'odore dell'aereoporto, l'odore del carburante.
I passi felpati nel duty free, il cigolìo delle rotelle del bagaglio a mano, gli annunci sempre duplicati che si incrociano nei corridoi, il sapone rosa delle toilettes e gli acquisti inverosimili dell'ultimo momento.
Le ultime telefonate prima del silenzio stampa dell'imbarco.
L'attesa della chiamata al gate un pò come quella per gli appelli degli esami all'università.
Link, mi serve una linea libera. Dov'è la Nabucco? Qui è tutto così verde....
In aereoporto mi viene sempre la fantasia di comprarmi gli occhiali da sole.
Poi non lo faccio.
Però mi sento comunque bionica. Allora faccio come il Cavaliere Inesistente di Italo Calvino, disegno figure geometriche ideali girovagando con lo sguardo fra le tappezzerie delle poltrone.
Controllo la carta d'imbarco. Sedile. Corridoio. Finestrino.
Nel non luogo delle aerostazioni c'è sempre qualche passeggero che si perde.
Io più che altro mi sa che alla fine mi ritrovo.
martedì, novembre 23, 2004
Per i miei allievi...
Anche questo ritorno da Siena è stato intenso.
Dalla notte del concerto a Firenze (ma quanto abbiamo suonato bene insieme io e Antonio Figura! Che felicità trovare questo feeling intenso fra noi, dimentico di tutto, malgrado un pubblico invero rumoroso...) mi sono svegliata a mezzogiorno, e con Cristina abbiam pranzato alle quattro in una trattoria di San Lorenzo, all'aperto. Abbiamo sostenuto una intensa conversazione col cameriere simpatico, che così poi non ci ha fatto pagare gli antipasti. L'eurostar l'ho perso perché ci siamo godute un pò troppo la pace e la bellezza di un pomeriggio calmo insieme, ma il capotreno pentito (ci ha chiuso le porte del treno sul naso) mi ha firmato il biglietto e sono potuta salire su quello che partiva venti minuti dopo, e senza alcuna penale. La vita è bella.
Ai miei allievi a Siena Jazz ho detto di disobbedirmi, per favore, e di studiare poco. Lo so che è poco canonico, ma mi sembrava doveroso dato che l'abitudine comune è quella di sfiancarsi per ore inutilmente, solo nell'intento di far piacere all'insegnante, e senza raccapezzarcisi un accidente di nulla.
Per favore, nella fattispecie l'insegnante si dispera di sapervi affranti e frustrati. Si deprime al pensiero che abbiate cercato di capire tutto, salvo l'essenziale: da capire c'è poco, mentre c'è invece molto da FARE.
Come la mia ennesima valigia.
Che cosa pretendo di capire: i climi che affronterò saranno svariati e sconosciuti. Come al solito, ho dapprima messo dentro un pò di tutto. "Non si sa mai, una combinazione, una cosa..." dice la sicula madre di Cristina. Ecco, se faccio la valigia in obbedienza alle cure materne, allora sì che non parto più.
Da domani, nelle ultime ventiquattro ore dalla partenza per gli States, comincerò l'opera di bonifica del bagaglio. Lo so già che la metà delle cose sono superflue. Lo so già, che c'è una confusione inverosimile nei miei programmi e nelle mie idee. Alleggerirsi, lasciar andare... Ecco, cosa è veramente necessario per VOLARE?
Alle 10 e mezza lascerò la terra e mi immergerò nel blu profondo al di là delle nubi, quel blu dove sempre splende il sole.
Voglio con me l'essenziale. Voglio faticare poco, e godere molto delle mie giornate. Voglio potermi divertire, star bene (ho già messo in valigia i miei attrezzi ginnici leggeri (palla da tennis ed elastici da danzatrice...). Voglio poter meditare in santa pace e senza fretta su ciò che ogni giorno vado imparando. Siete scioccati? Vi aspettavate più serietà, per una partenza di lavoro?
E chi vi dice che la leggerezza non possa essere buona alleata, e complice, della serietà?
Dalla notte del concerto a Firenze (ma quanto abbiamo suonato bene insieme io e Antonio Figura! Che felicità trovare questo feeling intenso fra noi, dimentico di tutto, malgrado un pubblico invero rumoroso...) mi sono svegliata a mezzogiorno, e con Cristina abbiam pranzato alle quattro in una trattoria di San Lorenzo, all'aperto. Abbiamo sostenuto una intensa conversazione col cameriere simpatico, che così poi non ci ha fatto pagare gli antipasti. L'eurostar l'ho perso perché ci siamo godute un pò troppo la pace e la bellezza di un pomeriggio calmo insieme, ma il capotreno pentito (ci ha chiuso le porte del treno sul naso) mi ha firmato il biglietto e sono potuta salire su quello che partiva venti minuti dopo, e senza alcuna penale. La vita è bella.
Ai miei allievi a Siena Jazz ho detto di disobbedirmi, per favore, e di studiare poco. Lo so che è poco canonico, ma mi sembrava doveroso dato che l'abitudine comune è quella di sfiancarsi per ore inutilmente, solo nell'intento di far piacere all'insegnante, e senza raccapezzarcisi un accidente di nulla.
Per favore, nella fattispecie l'insegnante si dispera di sapervi affranti e frustrati. Si deprime al pensiero che abbiate cercato di capire tutto, salvo l'essenziale: da capire c'è poco, mentre c'è invece molto da FARE.
Come la mia ennesima valigia.
Che cosa pretendo di capire: i climi che affronterò saranno svariati e sconosciuti. Come al solito, ho dapprima messo dentro un pò di tutto. "Non si sa mai, una combinazione, una cosa..." dice la sicula madre di Cristina. Ecco, se faccio la valigia in obbedienza alle cure materne, allora sì che non parto più.
Da domani, nelle ultime ventiquattro ore dalla partenza per gli States, comincerò l'opera di bonifica del bagaglio. Lo so già che la metà delle cose sono superflue. Lo so già, che c'è una confusione inverosimile nei miei programmi e nelle mie idee. Alleggerirsi, lasciar andare... Ecco, cosa è veramente necessario per VOLARE?
Alle 10 e mezza lascerò la terra e mi immergerò nel blu profondo al di là delle nubi, quel blu dove sempre splende il sole.
Voglio con me l'essenziale. Voglio faticare poco, e godere molto delle mie giornate. Voglio potermi divertire, star bene (ho già messo in valigia i miei attrezzi ginnici leggeri (palla da tennis ed elastici da danzatrice...). Voglio poter meditare in santa pace e senza fretta su ciò che ogni giorno vado imparando. Siete scioccati? Vi aspettavate più serietà, per una partenza di lavoro?
E chi vi dice che la leggerezza non possa essere buona alleata, e complice, della serietà?
sabato, novembre 13, 2004
Volaare, oh oh
Il tempo vola.
Chris mi ha mandato un link per la Repubblica in cui c'era un articolo sui nuovi taxi volanti (ah! Bruce Willis!) appena presentati a Londra e che entreranno nell'uso comune fra pochi anni...
Lo dicevo, io.
Intanto, lunedì parto per Siena, venerdì sarò a Firenze rocambolescamente (insegno a Siena fino alle 19) per un concerto, torno sabato a Roma e riparto per gli States mercoledì 24.
Wow.
Avrò la valigia piena di tecnologia (ho comprato una minitastiera portatile che entra, finalmente, in valigia), e pochissimi abiti perché tanto in America sei sempre troppo elegante e troppo europeo, e io voglio decisamente ambientarmi di più.
Deve essere già operativo il sistema mimetico, perché qui tutti mi si rivolgono in inglese. Nei negozi, sul taxi, per strada... E quando rivelo la mia nazionalità italiana doc mi rispondono tutti, immancabilmente: "anvedi, ma lei sembra amerigana, ahò, armeno ingrese..."
In più io già indosso le mie favolose e lunghissime treccine (oh yeah!), quindi se sotto sto in jeans, scarpe da ginnastica e felpa va benissimo. Niente Nyke (manco so come si scrive, tanto snobbo il marchio), ma ho comprato il singolo di Eminem col videoclip su Michael Jackson.
Effettivamente non vedo l'ora di essere in aeroporto. Ho un pò paura del nuovo (vecchio) trend americano, con questo look un pò anti KKK... Ma è ok, parto felice e molto carica, per le mie nuove avventure....
Non postavo da giorni, ma è perché Blogger ha avuto un suo black out proprio in coincidenza col mio (poco) tempo libero. Scusate l'assenza, mi rifarò dagli States e spero di poter finalmente postare un pò di foto: per ora ho sempre fallito, ma chissà in futuro?
E poi sto preparando una ricerca-studio su tanti jazz topics, con tanto di basi ed esercizi, yumm yumm... e suono il piano tutto il giorno, con somma delizia e grande gaudio.
Sono felice.
Chris mi ha mandato un link per la Repubblica in cui c'era un articolo sui nuovi taxi volanti (ah! Bruce Willis!) appena presentati a Londra e che entreranno nell'uso comune fra pochi anni...
Lo dicevo, io.
Intanto, lunedì parto per Siena, venerdì sarò a Firenze rocambolescamente (insegno a Siena fino alle 19) per un concerto, torno sabato a Roma e riparto per gli States mercoledì 24.
Wow.
Avrò la valigia piena di tecnologia (ho comprato una minitastiera portatile che entra, finalmente, in valigia), e pochissimi abiti perché tanto in America sei sempre troppo elegante e troppo europeo, e io voglio decisamente ambientarmi di più.
Deve essere già operativo il sistema mimetico, perché qui tutti mi si rivolgono in inglese. Nei negozi, sul taxi, per strada... E quando rivelo la mia nazionalità italiana doc mi rispondono tutti, immancabilmente: "anvedi, ma lei sembra amerigana, ahò, armeno ingrese..."
In più io già indosso le mie favolose e lunghissime treccine (oh yeah!), quindi se sotto sto in jeans, scarpe da ginnastica e felpa va benissimo. Niente Nyke (manco so come si scrive, tanto snobbo il marchio), ma ho comprato il singolo di Eminem col videoclip su Michael Jackson.
Effettivamente non vedo l'ora di essere in aeroporto. Ho un pò paura del nuovo (vecchio) trend americano, con questo look un pò anti KKK... Ma è ok, parto felice e molto carica, per le mie nuove avventure....
Non postavo da giorni, ma è perché Blogger ha avuto un suo black out proprio in coincidenza col mio (poco) tempo libero. Scusate l'assenza, mi rifarò dagli States e spero di poter finalmente postare un pò di foto: per ora ho sempre fallito, ma chissà in futuro?
E poi sto preparando una ricerca-studio su tanti jazz topics, con tanto di basi ed esercizi, yumm yumm... e suono il piano tutto il giorno, con somma delizia e grande gaudio.
Sono felice.
domenica, novembre 07, 2004
Dove sto andando
Blog.
Diario di bordo, per definizione.
Significa che sono in viaggio. Sempre, e da sempre, anzi per quanto mi riguarda da generazioni.
Life in motion fu un nome programmatico.
Sto rivedendo alcuni film col mio lettore DVD, per nulla a caso dopo le elezioni americane.
JFK di Oliver Stone, Malcolm X di Spike Lee, Bowling a Columbine (Farenheit 9/11 l'ho visto da poco al cinema) di Michael Moore. Anche 8 Mile con Eminem, già che c'ero, di Curtis Hanson se non mi sbaglio.
Mamma mia.
Dove sto andando? Io, con la mia musica, le mie idee, ciò che comunico con la parola e ciò che vado comunicando molto al di là delle parole, col suono della mia voce e con l'impegno personale, pratico, nella vita di tutti i giorni?...
Dove stiamo andando tutti, in questo mondo di cui la Rete è simbolo, luogo anzi non-luogo o ancora luogo virtuale per eccellenza? Ricordate? quando digitiamo www stiamo già allacciando le cinture per l'iperspazio, mentre diamo al conducente (io sogno sempre il taxi di Bruce Willis ne Il Quinto Elemento di Besson...) un indirizzo situato nel World Wide Web, la Rete Grande Quanto il Mondo...
Ho comprato come ogni mese le riviste Scientific American e Wired, e come ogni mese mi appassiono nella scoperta delle nuove scoperte mondiali: nuove tecnologie, nuovi pensieri, nuove osservazioni, idee e visioni. Pensando all' Out Of Control di Kevin Kelly, sto leggendo un libro appena acquistato, Pianeta McTerra (in originale El Estilo del Mundo) di Vicente Verdù.
Colonna sonora? Mozart, Eminem e Coltrane.
Certo, anche molto altro. Però questi tre sono i miei preferiti.
Dove sto andando? Oggi che è domenica io e Chris ci siamo visti alle 10 del mattino per lavorare sul mio computer affinché io impari ad usare la mia nuova scheda audio M-Box e i programmi di registrazione, nonché la mia tastiera Midi. Fra una settimana parto per Siena, ho un concerto a Firenze il 19, e il 24 riparto per gli States.
Quando sono da sola parlo in inglese ad alta voce, con la caffettiera, la lavatrice o il rubinetto, più spesso col computer e l'i-pod. Con gli altri umani anche se non se ne accorgono mi ritrovo a tradurre istantaneamente tutto in italiano, perché il primo pensiero ormai arriva americano.
Oddìo.
Dove sto andando? Sono una cantante di jazz a cui piace l'hip hop e la musica di frontiera. Tecnologicamente parlando, sto mutando, questo si sa. Musicalmente ho radici profondissime, talmente profonde che ormai mi sono rispuntate dall'altra parte del globo.
Non ho la mia età, e anche questo si sa. Viaggio veloce col mio zaino superattrezzato, i trolley di varie misure, e ogni sorta di cavi, adattatori e cd pieni di back-ups e plug-ins.
Dove stiamo andando tutti? Il mondo è sempre più vecchio (vedi la rielezione di Bush e la permanenza nostrana del Cavaliere al potere, ma anche per esempio il fatto che ora a scegliere a chi dare sovvenzioni per il nuovo cinema italiano c'è Boncompagni...). Ma se il mondo siamo anche noi (quelli che leggono, pensano con la propria testa indipendente, vanno al cinema e ai concerti, comprano musica su cd e in Music Store, ecc...) allora il mondo è così nuovo che sembra ancora un sogno tutto da vivere, e con gioia ed entusiasmo.
La Rete è troppo libera e troppo incontrollabile, dice Chris, la Rete si modificherà.
Gli hackers esisteranno sempre, dico io.
Alberto legge anche lui Scientific American e Wired, ma anche riviste di aeronautica. Il mondo va verso il controllo, dice. La guerra è un sistema vecchio, meglio il controllo e basta, dice il potere attraverso le nuove tecnologie che sceglie.
Quattro anni in più di Bush. A me sarebbe bastato Nixon per portare i segni di una nausea costante dell'arroganza di qualunque potere imperialista, invece guarda un pò dove siamo impantanati da quarantanni a questa parte (Kennedy fu assassinato nel '63). E non è che noi siamo fuori: anzi siamo più dentro che mai, quindi c'è poco da ridere dei mali altrui.
Dove sto andando? Canto, leggo, faccio ricerca, insegno.
Ho un fondo pensione che riscuoterò fra dodici anni.
Ho accumulato un sapere immenso.
Ho molte idee di cose da fare nel presente e nel futuro, così tante che non mi basta il tempo nemmeno per pensarle tutte.
Lo so che in questo momento per molti di noi si riaffaccia il dubbio abbastanza antipatico di non poter essere presenti nel momento in cui il nuovo mondo cambierà definitivamente le leggi di quello vecchio...
...e non perché saremo troppo vecchi noi...
Dove sto andando? Per ora faccio una valigia analogica, in cui la tastiera midi è l'unica cosa che non posso infilare, perché sporge di alcuni centimetri, anche di sbieco. Mentre trascrivo liste di oggetti ed abiti, penso alle valigie virtuali per i paesi che ancora non ho visitato, i paesaggi che non ho ancora abitato.
Penso a dove andrò se qui, là, lì, si mette male.
Male-male, intendo.
Non possiedo nulla, è già qualcosa.
Diario di bordo, per definizione.
Significa che sono in viaggio. Sempre, e da sempre, anzi per quanto mi riguarda da generazioni.
Life in motion fu un nome programmatico.
Sto rivedendo alcuni film col mio lettore DVD, per nulla a caso dopo le elezioni americane.
JFK di Oliver Stone, Malcolm X di Spike Lee, Bowling a Columbine (Farenheit 9/11 l'ho visto da poco al cinema) di Michael Moore. Anche 8 Mile con Eminem, già che c'ero, di Curtis Hanson se non mi sbaglio.
Mamma mia.
Dove sto andando? Io, con la mia musica, le mie idee, ciò che comunico con la parola e ciò che vado comunicando molto al di là delle parole, col suono della mia voce e con l'impegno personale, pratico, nella vita di tutti i giorni?...
Dove stiamo andando tutti, in questo mondo di cui la Rete è simbolo, luogo anzi non-luogo o ancora luogo virtuale per eccellenza? Ricordate? quando digitiamo www stiamo già allacciando le cinture per l'iperspazio, mentre diamo al conducente (io sogno sempre il taxi di Bruce Willis ne Il Quinto Elemento di Besson...) un indirizzo situato nel World Wide Web, la Rete Grande Quanto il Mondo...
Ho comprato come ogni mese le riviste Scientific American e Wired, e come ogni mese mi appassiono nella scoperta delle nuove scoperte mondiali: nuove tecnologie, nuovi pensieri, nuove osservazioni, idee e visioni. Pensando all' Out Of Control di Kevin Kelly, sto leggendo un libro appena acquistato, Pianeta McTerra (in originale El Estilo del Mundo) di Vicente Verdù.
Colonna sonora? Mozart, Eminem e Coltrane.
Certo, anche molto altro. Però questi tre sono i miei preferiti.
Dove sto andando? Oggi che è domenica io e Chris ci siamo visti alle 10 del mattino per lavorare sul mio computer affinché io impari ad usare la mia nuova scheda audio M-Box e i programmi di registrazione, nonché la mia tastiera Midi. Fra una settimana parto per Siena, ho un concerto a Firenze il 19, e il 24 riparto per gli States.
Quando sono da sola parlo in inglese ad alta voce, con la caffettiera, la lavatrice o il rubinetto, più spesso col computer e l'i-pod. Con gli altri umani anche se non se ne accorgono mi ritrovo a tradurre istantaneamente tutto in italiano, perché il primo pensiero ormai arriva americano.
Oddìo.
Dove sto andando? Sono una cantante di jazz a cui piace l'hip hop e la musica di frontiera. Tecnologicamente parlando, sto mutando, questo si sa. Musicalmente ho radici profondissime, talmente profonde che ormai mi sono rispuntate dall'altra parte del globo.
Non ho la mia età, e anche questo si sa. Viaggio veloce col mio zaino superattrezzato, i trolley di varie misure, e ogni sorta di cavi, adattatori e cd pieni di back-ups e plug-ins.
Dove stiamo andando tutti? Il mondo è sempre più vecchio (vedi la rielezione di Bush e la permanenza nostrana del Cavaliere al potere, ma anche per esempio il fatto che ora a scegliere a chi dare sovvenzioni per il nuovo cinema italiano c'è Boncompagni...). Ma se il mondo siamo anche noi (quelli che leggono, pensano con la propria testa indipendente, vanno al cinema e ai concerti, comprano musica su cd e in Music Store, ecc...) allora il mondo è così nuovo che sembra ancora un sogno tutto da vivere, e con gioia ed entusiasmo.
La Rete è troppo libera e troppo incontrollabile, dice Chris, la Rete si modificherà.
Gli hackers esisteranno sempre, dico io.
Alberto legge anche lui Scientific American e Wired, ma anche riviste di aeronautica. Il mondo va verso il controllo, dice. La guerra è un sistema vecchio, meglio il controllo e basta, dice il potere attraverso le nuove tecnologie che sceglie.
Quattro anni in più di Bush. A me sarebbe bastato Nixon per portare i segni di una nausea costante dell'arroganza di qualunque potere imperialista, invece guarda un pò dove siamo impantanati da quarantanni a questa parte (Kennedy fu assassinato nel '63). E non è che noi siamo fuori: anzi siamo più dentro che mai, quindi c'è poco da ridere dei mali altrui.
Dove sto andando? Canto, leggo, faccio ricerca, insegno.
Ho un fondo pensione che riscuoterò fra dodici anni.
Ho accumulato un sapere immenso.
Ho molte idee di cose da fare nel presente e nel futuro, così tante che non mi basta il tempo nemmeno per pensarle tutte.
Lo so che in questo momento per molti di noi si riaffaccia il dubbio abbastanza antipatico di non poter essere presenti nel momento in cui il nuovo mondo cambierà definitivamente le leggi di quello vecchio...
...e non perché saremo troppo vecchi noi...
Dove sto andando? Per ora faccio una valigia analogica, in cui la tastiera midi è l'unica cosa che non posso infilare, perché sporge di alcuni centimetri, anche di sbieco. Mentre trascrivo liste di oggetti ed abiti, penso alle valigie virtuali per i paesi che ancora non ho visitato, i paesaggi che non ho ancora abitato.
Penso a dove andrò se qui, là, lì, si mette male.
Male-male, intendo.
Non possiedo nulla, è già qualcosa.