giovedì, novembre 25, 2004
Il Giorno del Tacchino
Eccomi qua, nel Giorno del Povero Tacchino: oggi è Thanksgiving, tutti preparano manicaretti truculenti ed io, vegetariana DOC, mi installo giustamente nella mia sede americana intingendo baby carrots e sedani nel salad dressing di turno, che per l'occasione è divenuto un salad dipping.
Sono appena tornata con la spesa, così metto a posto la stanza e il frigorifero fra un morso e l'altro, bevendo caffè lungo dal mug con un babbo natale e le sue renne.
Avete presente? Mi lecco le dita velocemente mentre guardo altrove, scrivo un appunto e lo appiccico sulla finestra a ghigliottina, riintingo distratta il pezzetto di cavolfiore crudo (qui usa così per appetizer) nel vasetto del dressing, mi asciugo accartocciando il tovagliolino di carta, sposto un mobile, apro e chiudo un cassetto mentre ci fiondo dentro un paio di calzini arrotolati, rivado di carotina al blue cheese, sistemo una pila di spartiti e quaderni, bevo un sorso di caffè, collego il computer alla presa di corrente, adesso c'è il sedano ma mi casca il dressing sul tavolino e devo asciugarlo, poi sistemo i fiori nel vaso...
...La valigia è arrivata stamattina con su scritto rosso e grosso RUSH RUSH (cos'è, autoironia?), io ieri sera senza pigiama né spazzolino. Me l'hanno pure aperta, c'era dentro il classico biglietto firmato ci scusi, polizia.
All'aereoporto di Knoxville mi è corsa incontro la piccola Zoé già cresciutissima in due soli mesi, lasciando indietro i genitori Julie e Julien. Zoé adesso parla benino, mi chiama correttamente Fabritsià e vuole da me che io canti nel suo microfono personale Someday My Prince Will Come.
E' diventato un must, me l'ha chiesto appena ci siamo date il primo baciotto a schiocco. Felice come una Pasqua si è così immersa dall'abbraccio primario direttamente nei natalizi baci Perugina che le ho portato, ed in pochi secondi era una bellissima maschera di cioccolato, altro che soli baffi.
No problem, la cosa che ha fatto immediatamente dopo è stata mostrarmi entusiasticamente come balla bene la breakdance, rotolandosi ed avvolgendosi sulla moquette dell'aereoporto, da vera campionessa free style.
Abbiamo tentato con nonchalance una veloce pulizia con un kleenex di fortuna, ma con quali risultati non saprei...
Tre ore di ritardo ci avevo, meno male che i Langou li avevo avvisati telefonando da Cincinnati con la Courtesy Card da cinque minuti di conversazione che la Delta offre gratis ai clienti scusandosi per any inconvenience. In compenso proprio a Cincinnati avevo già avuto diritto ad una abbondante mezz'ora in più al controllo passaporti, con tanto di perquisizione totale del bagaglio e domande minacciose. Ovvio: con tutta la strumentazione che ho, e soprattutto con sul passaporto la traccia del mio precedente soggiorno lungo, a così poca distanza di tempo quest'altro ritorno...
W il Paese della Libertà.
Bah.
Cioè: sembra incredibile a tutti che io (ma sembro una tipa così normale? Ci ho pure di nuovo le treccine!), proprio io, possa volermi prendere una vacanza lunga e per di più reiterata, e anche potermela permettere. Sembra assolutamente assurdo che io me ne stia in vacanza a diecimila chilometri da casa mia ma con un intero ufficio/sala di registrazione in valigia.
Forse dovrei aver su collane di diamanti? Sette-otto carte di credito nel portafogli? Cos'altro, per aver diritto a fare il mio mestiere, che è quello di creare, andando in giro per il mondo in cerca di ispirazione?!?
Che palle.
Qual'è la linea di demarcazione? Dov'è che si diventa così Vip da non dover più giustificare la propria presenza, né tantomeno la propria assenza...?!?
In ogni caso, l'America puzza decisamente di fritto.
Con ancora nel naso l'ottimo effluvio di caffè che sovrasta ogni cosa al duty free di Roma, eccomi a Cincinnati accolta dall'odore buono e giusto dei vari fast food. Scelgo quello apparentemente meno inquietante, un cinese, e mi faccio un piatto di riso bianco e tofu con verdure. Una Pepsi, grazie. No, l'involtino primavera no. Lo so che è vegetariano, ma quello che sanno in pochi è che ci mettono quasi tutti un pò di carne nascosta, per dare gusto.
La salsa agrodolce ha un colore pericolosissimo.
Il sapore - aaah - è anche peggiore.
Comunque sia, passo il tempo, mando sms, mi guardo intorno.
Stewarts bellissimi, altissimi, palestratissimi mangiano qui anche loro, e hostess leggiadre col fisico da indossatrice e la faccia da hollywood. Siam tutti qui col bagaglio a mano su rotelle, le buste dei duty free, l'ingombro dei cappotti larghi e delle lunghe sciarpe... Puzzeremo tutti immancabilmente, uscendo, ma tanto non ci distingueremo mai più dal resto dell'ambiente. Guardo sconsolata "Sue venirs", la boutique dei ricordini di lusso made in China, e penso a Dior e Cartier, a Cacharel, a Yves Saint Laurent e Givenchy...
No, non amo e non uso i profumi italiani.
...Dove ho messo lo spray dell'eau de parfum? Cavolo, è in valigia, quella grande che non è con me...
Qui c'è un casino infernale, tutti che partono in vacanza, e in più ore di ritardo su tutti i voli per via di "severe storms" un pò dovunque. Quando finalmente mi imbarco, con appunto 3 ore di ritardo, la hostess ci avverte che balleremo parecchio, e di "stay calm: it will probably be a bumpy flight..."
Ah, beh, beh.
La notte in aereo è affascinante.
I mean: è affascinante sempre, ma dall'aereo è forse più mistica.
Le città e le strade sembrano vie lattee, galassie rotanti gli svincoli delle highways. Si vedono gli occhi delle auto in fila brillare ad intervalli brevi come lo scintillio delle stelle. L'orizzonte è fatto di lucciole, e le nubi sembrano bambagia casuale e ingiallita sparsa su un presepe buio, di quelli delle chiese coi lumini e pochi personaggi, poche case...
Mi disturba un pò l'odore del vomito dei passeggeri precedenti, quelli sì che l'hanno presa la turbolenza, se è stato così difficile lavarla via dai sedili... Forse per questo, fantastico drogata dalla fatica e dal jet lag (volente o nolente, per il mio corpo è passata da un pò la mezzanotte, e io mi sono alzata alle cinque con due ore di sonno soltanto), forse per questo ritardavano continuamente l'arrivo del nostro aereo al gate... Lo stavano pulendo, lo stavano.
Meno male hanno spento le luci interne, si è fatto proprio buio, qui. Il mio vicino chiacchiera incessantemente con l'unica hostess di questo piccolissimo aereo: o si conoscono da tempo o sta tentando il rimorchio.
Più probabile il rimorchio.
Tutti tranquilli, gli altri, e non si balla quasi per niente. Tutti tranquilli nel buio, qualcuno legge col lumino direzionato, loro chiacchierano chiacchierano chiacchierano... Quarantacinque minuti di volo, io dormo.
Insomma il resto lo sapete, Julien e Julie mi hanno amorevolmente riportata a casa, dove Betsy mi aveva preparato una vegetarian pizza di Kroger, surgelata ma rivista e corretta con formaggio e peperoncino in aggiunta. Oh yeah, mentre parliamo me ne mangio una fetta. Anzi no, due: in fondo, è quasi buona, in a way.
Devo avere un certo gusto dell'orrido nascosto, oppure è vera la cosa che nel cibo mettono roba che stimola gli ormoni del piacere e crea dipendenza.
Oggi da Kroger ho resistito al ketchup, ma non al dipping. Ai biscotti colorati, ma non ai cereali alla banana. Ai muffin al cioccolato, ma non a quelli doppia panna e mirtilli giganti. Ai tostitos e alle noccioline miste, ma non ai fagioli cotti nello zucchero di canna. Al burro salato e a quello di noccioline, ma non all'honey whole wheat bread... Ho fatto la carta sconti Kroger e ho risparmiato 6,79 dollari, ma ne ho spesi 107, 38. Con la carta telefonica che ho acquistato ho chiamato la mamma, quella che nel mio ultimo soggiorno a un certo punto avevo dimenticato di avere. Era contenta e sorpresa, non se l'aspettava, ed è stata incredibilmente gioiosa, sostenente e positiva. Ok, il primo giorno stava andando bene.
Stasera minitacchino dai Coker, dopo aver aiutato Betsy a preparare il suo, gigantesco. Evidentemente la gente non si rende conto che a farmi tenere un tacchino morto in braccio e a farmene versare il sangue nel lavandino io rischio tutto il vomito che non ho espresso ieri durante il volo intercontinentale. Questo lato del vegetarianesimo rimane evidentemente oscuro ai più. Il tacchino di Betsy era una meraviglia di tecnologia, ci aveva inserita nel petto una valvola di plastica che quando fosse venuta su avrebbe indicato che il suddetto animale era pronto ad essere servito. Il problema è stato dover versare il sugo in un altro contenitore, perché il tacchino pesava un quintale e io non riuscivo a tirarlo su dalla teglia. Allora l'ho pietosamente coperto col coperchio stile bara (no voi non immaginate la grandezza di un tacchino grande, né la forma della pentola che ci vuole per metterlo in forno, né il forno stesso), e prendendo a due mani il coraggio e il pentolone insieme, ho versato da lì alla cieca in una insalatiera. Volevo morì.
Mi ha anche ricordato la scena del pentolone di sangue in Nòi Albinòi.
Io con i Coker ho brindato, ho mangiato l'insalata e le patate con il cinnamon e il burro, e lo stuffing del tacchino, senza il tacchino intorno perché loro lo stuffing non ce l'avevano messo dentro, ma lo avevano preparato a parte. Abbiam parlato di musica tutta la sera, e di quando David Baker aveva sentito Coltrane studiare le sole scale maggiori per tredici ore di fila senza fermarsi mai, prima di un concerto.
Vado a letto ora, per voi sono le 5 e 44 del mattino del 26 novembre, per me non ancora la mezzanotte del Thanksgiving.
Sono appena tornata con la spesa, così metto a posto la stanza e il frigorifero fra un morso e l'altro, bevendo caffè lungo dal mug con un babbo natale e le sue renne.
Avete presente? Mi lecco le dita velocemente mentre guardo altrove, scrivo un appunto e lo appiccico sulla finestra a ghigliottina, riintingo distratta il pezzetto di cavolfiore crudo (qui usa così per appetizer) nel vasetto del dressing, mi asciugo accartocciando il tovagliolino di carta, sposto un mobile, apro e chiudo un cassetto mentre ci fiondo dentro un paio di calzini arrotolati, rivado di carotina al blue cheese, sistemo una pila di spartiti e quaderni, bevo un sorso di caffè, collego il computer alla presa di corrente, adesso c'è il sedano ma mi casca il dressing sul tavolino e devo asciugarlo, poi sistemo i fiori nel vaso...
...La valigia è arrivata stamattina con su scritto rosso e grosso RUSH RUSH (cos'è, autoironia?), io ieri sera senza pigiama né spazzolino. Me l'hanno pure aperta, c'era dentro il classico biglietto firmato ci scusi, polizia.
All'aereoporto di Knoxville mi è corsa incontro la piccola Zoé già cresciutissima in due soli mesi, lasciando indietro i genitori Julie e Julien. Zoé adesso parla benino, mi chiama correttamente Fabritsià e vuole da me che io canti nel suo microfono personale Someday My Prince Will Come.
E' diventato un must, me l'ha chiesto appena ci siamo date il primo baciotto a schiocco. Felice come una Pasqua si è così immersa dall'abbraccio primario direttamente nei natalizi baci Perugina che le ho portato, ed in pochi secondi era una bellissima maschera di cioccolato, altro che soli baffi.
No problem, la cosa che ha fatto immediatamente dopo è stata mostrarmi entusiasticamente come balla bene la breakdance, rotolandosi ed avvolgendosi sulla moquette dell'aereoporto, da vera campionessa free style.
Abbiamo tentato con nonchalance una veloce pulizia con un kleenex di fortuna, ma con quali risultati non saprei...
Tre ore di ritardo ci avevo, meno male che i Langou li avevo avvisati telefonando da Cincinnati con la Courtesy Card da cinque minuti di conversazione che la Delta offre gratis ai clienti scusandosi per any inconvenience. In compenso proprio a Cincinnati avevo già avuto diritto ad una abbondante mezz'ora in più al controllo passaporti, con tanto di perquisizione totale del bagaglio e domande minacciose. Ovvio: con tutta la strumentazione che ho, e soprattutto con sul passaporto la traccia del mio precedente soggiorno lungo, a così poca distanza di tempo quest'altro ritorno...
W il Paese della Libertà.
Bah.
Cioè: sembra incredibile a tutti che io (ma sembro una tipa così normale? Ci ho pure di nuovo le treccine!), proprio io, possa volermi prendere una vacanza lunga e per di più reiterata, e anche potermela permettere. Sembra assolutamente assurdo che io me ne stia in vacanza a diecimila chilometri da casa mia ma con un intero ufficio/sala di registrazione in valigia.
Forse dovrei aver su collane di diamanti? Sette-otto carte di credito nel portafogli? Cos'altro, per aver diritto a fare il mio mestiere, che è quello di creare, andando in giro per il mondo in cerca di ispirazione?!?
Che palle.
Qual'è la linea di demarcazione? Dov'è che si diventa così Vip da non dover più giustificare la propria presenza, né tantomeno la propria assenza...?!?
In ogni caso, l'America puzza decisamente di fritto.
Con ancora nel naso l'ottimo effluvio di caffè che sovrasta ogni cosa al duty free di Roma, eccomi a Cincinnati accolta dall'odore buono e giusto dei vari fast food. Scelgo quello apparentemente meno inquietante, un cinese, e mi faccio un piatto di riso bianco e tofu con verdure. Una Pepsi, grazie. No, l'involtino primavera no. Lo so che è vegetariano, ma quello che sanno in pochi è che ci mettono quasi tutti un pò di carne nascosta, per dare gusto.
La salsa agrodolce ha un colore pericolosissimo.
Il sapore - aaah - è anche peggiore.
Comunque sia, passo il tempo, mando sms, mi guardo intorno.
Stewarts bellissimi, altissimi, palestratissimi mangiano qui anche loro, e hostess leggiadre col fisico da indossatrice e la faccia da hollywood. Siam tutti qui col bagaglio a mano su rotelle, le buste dei duty free, l'ingombro dei cappotti larghi e delle lunghe sciarpe... Puzzeremo tutti immancabilmente, uscendo, ma tanto non ci distingueremo mai più dal resto dell'ambiente. Guardo sconsolata "Sue venirs", la boutique dei ricordini di lusso made in China, e penso a Dior e Cartier, a Cacharel, a Yves Saint Laurent e Givenchy...
No, non amo e non uso i profumi italiani.
...Dove ho messo lo spray dell'eau de parfum? Cavolo, è in valigia, quella grande che non è con me...
Qui c'è un casino infernale, tutti che partono in vacanza, e in più ore di ritardo su tutti i voli per via di "severe storms" un pò dovunque. Quando finalmente mi imbarco, con appunto 3 ore di ritardo, la hostess ci avverte che balleremo parecchio, e di "stay calm: it will probably be a bumpy flight..."
Ah, beh, beh.
La notte in aereo è affascinante.
I mean: è affascinante sempre, ma dall'aereo è forse più mistica.
Le città e le strade sembrano vie lattee, galassie rotanti gli svincoli delle highways. Si vedono gli occhi delle auto in fila brillare ad intervalli brevi come lo scintillio delle stelle. L'orizzonte è fatto di lucciole, e le nubi sembrano bambagia casuale e ingiallita sparsa su un presepe buio, di quelli delle chiese coi lumini e pochi personaggi, poche case...
Mi disturba un pò l'odore del vomito dei passeggeri precedenti, quelli sì che l'hanno presa la turbolenza, se è stato così difficile lavarla via dai sedili... Forse per questo, fantastico drogata dalla fatica e dal jet lag (volente o nolente, per il mio corpo è passata da un pò la mezzanotte, e io mi sono alzata alle cinque con due ore di sonno soltanto), forse per questo ritardavano continuamente l'arrivo del nostro aereo al gate... Lo stavano pulendo, lo stavano.
Meno male hanno spento le luci interne, si è fatto proprio buio, qui. Il mio vicino chiacchiera incessantemente con l'unica hostess di questo piccolissimo aereo: o si conoscono da tempo o sta tentando il rimorchio.
Più probabile il rimorchio.
Tutti tranquilli, gli altri, e non si balla quasi per niente. Tutti tranquilli nel buio, qualcuno legge col lumino direzionato, loro chiacchierano chiacchierano chiacchierano... Quarantacinque minuti di volo, io dormo.
Insomma il resto lo sapete, Julien e Julie mi hanno amorevolmente riportata a casa, dove Betsy mi aveva preparato una vegetarian pizza di Kroger, surgelata ma rivista e corretta con formaggio e peperoncino in aggiunta. Oh yeah, mentre parliamo me ne mangio una fetta. Anzi no, due: in fondo, è quasi buona, in a way.
Devo avere un certo gusto dell'orrido nascosto, oppure è vera la cosa che nel cibo mettono roba che stimola gli ormoni del piacere e crea dipendenza.
Oggi da Kroger ho resistito al ketchup, ma non al dipping. Ai biscotti colorati, ma non ai cereali alla banana. Ai muffin al cioccolato, ma non a quelli doppia panna e mirtilli giganti. Ai tostitos e alle noccioline miste, ma non ai fagioli cotti nello zucchero di canna. Al burro salato e a quello di noccioline, ma non all'honey whole wheat bread... Ho fatto la carta sconti Kroger e ho risparmiato 6,79 dollari, ma ne ho spesi 107, 38. Con la carta telefonica che ho acquistato ho chiamato la mamma, quella che nel mio ultimo soggiorno a un certo punto avevo dimenticato di avere. Era contenta e sorpresa, non se l'aspettava, ed è stata incredibilmente gioiosa, sostenente e positiva. Ok, il primo giorno stava andando bene.
Stasera minitacchino dai Coker, dopo aver aiutato Betsy a preparare il suo, gigantesco. Evidentemente la gente non si rende conto che a farmi tenere un tacchino morto in braccio e a farmene versare il sangue nel lavandino io rischio tutto il vomito che non ho espresso ieri durante il volo intercontinentale. Questo lato del vegetarianesimo rimane evidentemente oscuro ai più. Il tacchino di Betsy era una meraviglia di tecnologia, ci aveva inserita nel petto una valvola di plastica che quando fosse venuta su avrebbe indicato che il suddetto animale era pronto ad essere servito. Il problema è stato dover versare il sugo in un altro contenitore, perché il tacchino pesava un quintale e io non riuscivo a tirarlo su dalla teglia. Allora l'ho pietosamente coperto col coperchio stile bara (no voi non immaginate la grandezza di un tacchino grande, né la forma della pentola che ci vuole per metterlo in forno, né il forno stesso), e prendendo a due mani il coraggio e il pentolone insieme, ho versato da lì alla cieca in una insalatiera. Volevo morì.
Mi ha anche ricordato la scena del pentolone di sangue in Nòi Albinòi.
Io con i Coker ho brindato, ho mangiato l'insalata e le patate con il cinnamon e il burro, e lo stuffing del tacchino, senza il tacchino intorno perché loro lo stuffing non ce l'avevano messo dentro, ma lo avevano preparato a parte. Abbiam parlato di musica tutta la sera, e di quando David Baker aveva sentito Coltrane studiare le sole scale maggiori per tredici ore di fila senza fermarsi mai, prima di un concerto.
Vado a letto ora, per voi sono le 5 e 44 del mattino del 26 novembre, per me non ancora la mezzanotte del Thanksgiving.