venerdì, settembre 24, 2004
Standing ovation
Telefonata allarmatissima del regista: abbiamo lo spettacolo domenica, devi assolutamente venire alle prove stasera per mettere a posto le improvvisazioni e i cori!
Allora insomma difficile riuscire a passare un pò di tempo tranquillo con mio fratello appena arrivato dalla Francia, e in pieno compleanno, ma ci sono riuscita. Bello ritrovare il nostro legame profondo, bellissimo raccontarci le nostre vite, lui in Francia da un anno e io negli States... Mi chiede: allora, siamo italiani?
E' che come forse avrete letto nel mio "diario americano", apparteniamo ad una famiglia di emigranti da generazioni, e volenti o nolenti finiamo sempre per sentirci in esilio da qualche parte, o alla ricerca strenua delle nostre radici... Col gelato di Giolitti mangiato sul muretto del Pantheon, però, ed una visita alla tomba di Raffaello, è stato più facile trovare risposte.
Ci siamo salutati poi a piazza del Popolo, e io ho preso un taxi per raggiungere i miei attori alle prove.
Sono entrata in punta di piedi, cercando di non farmi vedere per non interromperli.
Invece, appena si sono accorti che ero entrata (erano in quel momento in scena tutti in un'unica fila), c'è stato un colossale applauso, e un immediato venirmi tutti intorno in cerchio, regista in testa, e giù ad abbracciarmi tutti insieme stile rugby, che non sapevo più come fare per rendere ad ognuno il giusto affetto. Bello sentirsi così importanti nell'anima, bello sentirsi dire, dal più profondo del cuore, "quanto ci sei mancata!"... Anche Giuseppe era tutto contento, raggiante direi, e abbiam ripreso il lavoro subito-subito. Si tratta delle Baccanti, in un testo ricostruito da più versioni, con un bellissimo risultato, commovente e duro, e molto originale ed impegnato. Sincronicamente col mio viaggio, ne è venuta fuori anche se non ero presente una versione antimilitarista e pacifista al massimo, insomma alla fine della prova abbiamo un pò parlato delle mie esperienze negli States, e della terribile cecità rispetto alle tematiche di guerra e pace che affliggono la società americana e il suon attuale governo.
Domani ci danno il teatro dell'Orologio alle 17, quindi abbiam deciso di vederci fuori alle tre, per provare tutte le parti corali sia recitate (il vero e proprio coro greco tragico) che cantate, e guadagnare tempo sulla prova tecnica. Se piove come sta facendo stanotte, penso che andremo a provare sotto le arcate del Pantheon, che c'è pure una bella acustica... Cosa non tocca fare per riuscire a lavorare sempre e comunque alle proprie idee!!!
Ritrovo dunque gli amici, i compagni d'arte, la mia piccolissima famiglia in diaspora forzata.
Ritrovo soprattutto una patria di idee e di ideali forti, una patria impegnata anche se il governo è ladro, anche se non si riesce, nemmeno qui, a cambiare rotta.
Nella mia Roma elegante e centrale, colgo al bar o agli angoli delle strade discorsi intellettuali, interessanti, profondi, e me ne stupisco... Che ci sia un vento nuovo in città? Sento tanto orrore per la guerra e per gli eventi terribili accaduti in questi giorni, sento coscienza, informazione, conoscenza...
Com'è diverso esser qui. Improvvisamente, sì, mi sento italiana, e me ne sento anche fiera. Passeggio a testa alta fra le mie fontane e le mie piazze, in mezzo a gente libera che parla, che ride, che discute, e che canta. In mezzo a gente che lavora, ma che non ne rimane instupidita. Coscienza critica, si chiama. Meno male, allora qualche speranza c'è.
Domani coi ragazzi farò un capolavoro.
Ce n'è bisogno.
Allora insomma difficile riuscire a passare un pò di tempo tranquillo con mio fratello appena arrivato dalla Francia, e in pieno compleanno, ma ci sono riuscita. Bello ritrovare il nostro legame profondo, bellissimo raccontarci le nostre vite, lui in Francia da un anno e io negli States... Mi chiede: allora, siamo italiani?
E' che come forse avrete letto nel mio "diario americano", apparteniamo ad una famiglia di emigranti da generazioni, e volenti o nolenti finiamo sempre per sentirci in esilio da qualche parte, o alla ricerca strenua delle nostre radici... Col gelato di Giolitti mangiato sul muretto del Pantheon, però, ed una visita alla tomba di Raffaello, è stato più facile trovare risposte.
Ci siamo salutati poi a piazza del Popolo, e io ho preso un taxi per raggiungere i miei attori alle prove.
Sono entrata in punta di piedi, cercando di non farmi vedere per non interromperli.
Invece, appena si sono accorti che ero entrata (erano in quel momento in scena tutti in un'unica fila), c'è stato un colossale applauso, e un immediato venirmi tutti intorno in cerchio, regista in testa, e giù ad abbracciarmi tutti insieme stile rugby, che non sapevo più come fare per rendere ad ognuno il giusto affetto. Bello sentirsi così importanti nell'anima, bello sentirsi dire, dal più profondo del cuore, "quanto ci sei mancata!"... Anche Giuseppe era tutto contento, raggiante direi, e abbiam ripreso il lavoro subito-subito. Si tratta delle Baccanti, in un testo ricostruito da più versioni, con un bellissimo risultato, commovente e duro, e molto originale ed impegnato. Sincronicamente col mio viaggio, ne è venuta fuori anche se non ero presente una versione antimilitarista e pacifista al massimo, insomma alla fine della prova abbiamo un pò parlato delle mie esperienze negli States, e della terribile cecità rispetto alle tematiche di guerra e pace che affliggono la società americana e il suon attuale governo.
Domani ci danno il teatro dell'Orologio alle 17, quindi abbiam deciso di vederci fuori alle tre, per provare tutte le parti corali sia recitate (il vero e proprio coro greco tragico) che cantate, e guadagnare tempo sulla prova tecnica. Se piove come sta facendo stanotte, penso che andremo a provare sotto le arcate del Pantheon, che c'è pure una bella acustica... Cosa non tocca fare per riuscire a lavorare sempre e comunque alle proprie idee!!!
Ritrovo dunque gli amici, i compagni d'arte, la mia piccolissima famiglia in diaspora forzata.
Ritrovo soprattutto una patria di idee e di ideali forti, una patria impegnata anche se il governo è ladro, anche se non si riesce, nemmeno qui, a cambiare rotta.
Nella mia Roma elegante e centrale, colgo al bar o agli angoli delle strade discorsi intellettuali, interessanti, profondi, e me ne stupisco... Che ci sia un vento nuovo in città? Sento tanto orrore per la guerra e per gli eventi terribili accaduti in questi giorni, sento coscienza, informazione, conoscenza...
Com'è diverso esser qui. Improvvisamente, sì, mi sento italiana, e me ne sento anche fiera. Passeggio a testa alta fra le mie fontane e le mie piazze, in mezzo a gente libera che parla, che ride, che discute, e che canta. In mezzo a gente che lavora, ma che non ne rimane instupidita. Coscienza critica, si chiama. Meno male, allora qualche speranza c'è.
Domani coi ragazzi farò un capolavoro.
Ce n'è bisogno.