giovedì, settembre 02, 2004
De Afro-americana Musica
Ecco, sono appena tornata dal 4620 Jazz Club, abbiamo suonato, ho in tasca il pronto ascolto del mio disco e lo abbiamo ascoltato in macchina io e Mark dopo la fine del gig (serata)... Questo pomeriggio avevo pubblicato un post che a tutt'ora esiste ma non è ancora comparso sul Blog, in cui ero talmente arrabbiata che mi sono dimenticata perfino di settare l'ora, e meno male che almeno il giorno e l'anno eran giusti.
E' che coi musicisti, almeno questi del mondo variopinto del jazz, l'America è proprio un altro paese.
Con loro mi diverto, sto bene, e mi sento in pace. Si fanno sempre cose sublimi, e quando alla fine ci si abbraccia è davvero festa.
Si suona insieme, e ognuno cerca di fare del suo meglio, non solo per sé, ma anche per tutti gli altri. C'è un'allegria sfrenata nella nostra musica, ed un'altrettanto sfrenata serietà. Aleggia lo spirito del Blues, eppure improvvisamente stiamo suonando Free. Stiamo suonando Funk duro, e ci cediamo il passo nei soli con una grazia angelica. Ed è chiaro che se io canto, il leader sono io, anche se fino all'attimo prima il gruppo era quello di Donald, o di Mark. Misunderstandings? Nessuno.
Ho paura di tornare nello snobbismo nostrano.
Temo la depressione nel ritrovarmi nelle solite lotte quotidiane per essere semplicemente ascoltata.
E' lì in Italia che mi mancherà il sorriso smagliante di Donald nella notte oscura del pianoforte.
La gentilezza di Mark, e i suoi fraseggi che sono pura poesia.
Le battute cattive di Rusty su cantanti e batteristi subito prima di suonare insieme, e poi invece il suo essere sempre impeccabile, quasi ritroso per non stomp on my feet. Il loro amore profondo per la musica, il loro rispetto vicendevole, e il loro support continuo di tutto ciò che vado ricamando sulla trama dei temi e dei soli.
Oh mi mancherà il drumming sensibile e fantasioso di Keith, e le nostre sfuriate ritmico-melodiche, tanto che gli altri ci lasciano soli e rimangono ad ascoltare...
Mi mancherà il sorriso commosso negli occhi di Jerry Coker quando mi spiega come insegnare il suo programma ai miei allievi, e il nostro sederci ai due pianoforti, e suonare, suonare, citando tutta la musica possibile, alzandoci per ascoltare Clare Fischer e seguirlo sulla partitura, poi sederci ancora per sondare altri voicings, altre melodiose bellezze armoniche... Mi mancherà di accompagnarlo mentre improvvisa col suo sax tenore, lui, il Master supremo, che quando mi sente impaurita sui tasti mi lancia remember, you don't want to let me down, do you? e continua anche se salto qualche sigla mentre mi tremano le mani per la felicità di essere lì a imparare, a condividere...
Mi mancherà talmente tutto ciò, che già parliamo di quando tornerò in dicembre per il missaggio del disco!
Intanto torno a Roma il 22, partendo il 21. Ma ho sognato due giorni fa che ero arrivata in anticipo: era tutto così terribile che andavo a ricomprarmi il biglietto per ripartire in qua immediatamente... Mi dicevo ma che diavolo m'è saltato in mente di tornare un mese prima? Speriamo non lo sappia troppa gente, altrimenti mi danno la caccia...
E' che coi musicisti, almeno questi del mondo variopinto del jazz, l'America è proprio un altro paese.
Con loro mi diverto, sto bene, e mi sento in pace. Si fanno sempre cose sublimi, e quando alla fine ci si abbraccia è davvero festa.
Si suona insieme, e ognuno cerca di fare del suo meglio, non solo per sé, ma anche per tutti gli altri. C'è un'allegria sfrenata nella nostra musica, ed un'altrettanto sfrenata serietà. Aleggia lo spirito del Blues, eppure improvvisamente stiamo suonando Free. Stiamo suonando Funk duro, e ci cediamo il passo nei soli con una grazia angelica. Ed è chiaro che se io canto, il leader sono io, anche se fino all'attimo prima il gruppo era quello di Donald, o di Mark. Misunderstandings? Nessuno.
Ho paura di tornare nello snobbismo nostrano.
Temo la depressione nel ritrovarmi nelle solite lotte quotidiane per essere semplicemente ascoltata.
E' lì in Italia che mi mancherà il sorriso smagliante di Donald nella notte oscura del pianoforte.
La gentilezza di Mark, e i suoi fraseggi che sono pura poesia.
Le battute cattive di Rusty su cantanti e batteristi subito prima di suonare insieme, e poi invece il suo essere sempre impeccabile, quasi ritroso per non stomp on my feet. Il loro amore profondo per la musica, il loro rispetto vicendevole, e il loro support continuo di tutto ciò che vado ricamando sulla trama dei temi e dei soli.
Oh mi mancherà il drumming sensibile e fantasioso di Keith, e le nostre sfuriate ritmico-melodiche, tanto che gli altri ci lasciano soli e rimangono ad ascoltare...
Mi mancherà il sorriso commosso negli occhi di Jerry Coker quando mi spiega come insegnare il suo programma ai miei allievi, e il nostro sederci ai due pianoforti, e suonare, suonare, citando tutta la musica possibile, alzandoci per ascoltare Clare Fischer e seguirlo sulla partitura, poi sederci ancora per sondare altri voicings, altre melodiose bellezze armoniche... Mi mancherà di accompagnarlo mentre improvvisa col suo sax tenore, lui, il Master supremo, che quando mi sente impaurita sui tasti mi lancia remember, you don't want to let me down, do you? e continua anche se salto qualche sigla mentre mi tremano le mani per la felicità di essere lì a imparare, a condividere...
Mi mancherà talmente tutto ciò, che già parliamo di quando tornerò in dicembre per il missaggio del disco!
Intanto torno a Roma il 22, partendo il 21. Ma ho sognato due giorni fa che ero arrivata in anticipo: era tutto così terribile che andavo a ricomprarmi il biglietto per ripartire in qua immediatamente... Mi dicevo ma che diavolo m'è saltato in mente di tornare un mese prima? Speriamo non lo sappia troppa gente, altrimenti mi danno la caccia...