domenica, settembre 26, 2004
Bella la mia città
Torno adesso dalla generale dello spettacolo. Torno a piedi per le vie del centro storico, e allungo un pò il percorso per scegliermi le vie, le mie vie del cuore: cammino, cammino, per una quarantina di minuti abbondanti.
A mezzanotte è pieno di gente che passeggia, che parla, che si aspetta agli angoli, si chiama, si ridà futuri appuntamenti, e col gelato in mano. C'è qualche goccia di pioggia, ma che fa? Io avanzo spedita e fiera in mezzo a tanta gente, così tanta che è perfino difficile camminare, e così alterno un passo da rocciatore con uno da fondista. Che bello, la gente è viva.
Passo davanti alla statua di Pasquino, una delle storiche "statue parlanti" di Roma, dove attaccano volantini anti berlusconiani scritti a mano e con tratto veloce. Le strade e le piazze sono tutte illuminate, e io mi sento sicura nel tornare a casa da sola, camminando per così tanto tempo nella notte: Via del Governo Vecchio, Piazza Pasquino, Piazza Navona, San Luigi dei Francesi, Via della Scrofa, Via della Fontanella Borghese, infine Via del Corso, e poi fino a casa...
Sono anche agitata, ma questo è per lo spettacolo.
Ci sono le immagini dei bambini di Beslan, tutte quelle immagini che non ho visto in America, e che pur andando a leggere i giornali italiani sui loro siti web, avevo accuratamente evitato di guardare.
Perché è troppo, pensavo, è troppo. Non posso, semplicemente, farcela.
L'orrore, è troppo. Mi sconquassa dentro, questo orrore che da semplice cittadina non riesco ad arginare.
Scorrono le parole delle Baccanti di Euripide, e scorrono le immagini dei bambini, delle donne. E di altre donne, uguali, con lo stesso sguardo, gli stessi occhi, le stesse mani davanti alla bocca, e i fazzoletti, e le torri gemelle che si frantumano, esplodono, e cadono.
Nel finale, gli attori hanno addirittura le foto fra le mani, e le porgono agli spettatori. Così alle prove, nelle varie ripetizioni della scena mi sono ritrovata a riceverle, queste immagini, proprio in grembo: bambini dalle donne, e fiori dagli uomini.
Voglio una società che non nasconda. Amo una società che dice. Che io ora sia molto impressionata è un bene: sono viva, e voglio sapere.
A mezzanotte è pieno di gente che passeggia, che parla, che si aspetta agli angoli, si chiama, si ridà futuri appuntamenti, e col gelato in mano. C'è qualche goccia di pioggia, ma che fa? Io avanzo spedita e fiera in mezzo a tanta gente, così tanta che è perfino difficile camminare, e così alterno un passo da rocciatore con uno da fondista. Che bello, la gente è viva.
Passo davanti alla statua di Pasquino, una delle storiche "statue parlanti" di Roma, dove attaccano volantini anti berlusconiani scritti a mano e con tratto veloce. Le strade e le piazze sono tutte illuminate, e io mi sento sicura nel tornare a casa da sola, camminando per così tanto tempo nella notte: Via del Governo Vecchio, Piazza Pasquino, Piazza Navona, San Luigi dei Francesi, Via della Scrofa, Via della Fontanella Borghese, infine Via del Corso, e poi fino a casa...
Sono anche agitata, ma questo è per lo spettacolo.
Ci sono le immagini dei bambini di Beslan, tutte quelle immagini che non ho visto in America, e che pur andando a leggere i giornali italiani sui loro siti web, avevo accuratamente evitato di guardare.
Perché è troppo, pensavo, è troppo. Non posso, semplicemente, farcela.
L'orrore, è troppo. Mi sconquassa dentro, questo orrore che da semplice cittadina non riesco ad arginare.
Scorrono le parole delle Baccanti di Euripide, e scorrono le immagini dei bambini, delle donne. E di altre donne, uguali, con lo stesso sguardo, gli stessi occhi, le stesse mani davanti alla bocca, e i fazzoletti, e le torri gemelle che si frantumano, esplodono, e cadono.
Nel finale, gli attori hanno addirittura le foto fra le mani, e le porgono agli spettatori. Così alle prove, nelle varie ripetizioni della scena mi sono ritrovata a riceverle, queste immagini, proprio in grembo: bambini dalle donne, e fiori dagli uomini.
Voglio una società che non nasconda. Amo una società che dice. Che io ora sia molto impressionata è un bene: sono viva, e voglio sapere.